La politica del non fare ci costa 24 miliardi di euro. Proposta un nuovo regime Iva per il trasporto marittimo passeggeri di linea
La riduzione di traffici e attività economiche indotta dalla crisi migliora l’accessibilità nei territori, ma tra il 2000 e il 2012 la “politica del non fare” ci è costata 24 miliardi di Pil. È il quadro che emerge dall’analisi di Confcommercio su “Accessibilità, trasporti e mobilità al tempo della crisi”, presentata nell’ambito del convegno “Trasporti al passo, economia ferma”.
In Italia l’accessibilità dei territori nel 2012 è leggermente migliorata rispetto al 2010. Ma è una conseguenza della crisi, che ha ridotto traffici e attività economiche, e non dell’adozione di misure efficaci in materia di trasporti, infrastrutture e logistica. “La politica del non fare – spiega l’associazione – continua a regnare sovrana in questo delicato settore della nostra economia e restano confermate tutte le debolezze strutturali che incidono negativamente sulla capacità del Paese di produrre ricchezza”. Tra il 2000 e il 2012, secondo i dati dell’analisi, l’accessibilità è scesa del 5%: con una perdita di circa 24 miliardi di euro in termini di Pil. “Se al contrario il nostro Paese avesse adottato politiche di miglioramento dell’accessibilità a livello di quanto fatto dalla Germania, l’incremento del Pil italiano sarebbe stato complessivamente di 120 miliardi di euro. Mentre se ci si fosse limitati ad azzerare gli enormi squilibri tra Nord e Sud, il prodotto interno lordo sarebbe oggi più elevato di circa 48 miliardi di euro”.
Critiche anche sul versante normativa. Confcommercio, infatti, segnala “il perdurare della mancanza di misure di programmazione e regolazione, come le mancate riforme delle norme sugli assetti portuali, sugli interporti e piattaforme logistiche, sul Trasporto Pubblico Locale, sui servizi di noleggio auto con conducente, sui Piani Urbani della Mobilità sosta e parcheggi, oltre alla mancata approvazione degli aggiornamenti del Piano Nazionale della Logistica e alla mancata implementazione su tutto il territorio nazionale dello sportello unico doganale”.
Un ritardo rispetto al resto dell’Europa evidenziato da un raffronto tra la portualità nazionale nel suo complesso e il singolo scalo di Rotterdam. “In base ai dati Eurostat, se nel 2001 la portualità nazionale e lo scalo olandese avevano movimentato sostanzialmente lo stesso numero di container (oltre 6 milioni di TEU9), nel 2011 Rotterdam con circa 15 milioni di TEU ha quasi doppiato il risultato ottenuto dai porti italiani, fermo a poco più di 8 milioni”.
Tra le proposte dell’associazione la messa a punto di un piano dei trasporti e della logistica, l’apertura alla concorrenza del settore ferroviario, misure di sostegno all’autotrasporto nazionale. Per il cluster marittimo essenziale risulterebbe la riforma della legge 84/94, l’istituzione dello Sportello Unico doganale, interventi Iva nel trasporto passeggeri di linea “assoggettando all’aliquota del 10%, anche le prestazioni di trasporto effettuate per vie d’acqua, così come avviene per il TPL di linea su gomma”. “Ciò – secondo l’associazione – permetterà alle imprese esercenti tali servizi di avere titolo per la detrazione dell’Iva loro addebitata sugli acquisti, secondo un principio di neutralità”.