Lo Stato spende sulle banchine 3,8 miliardi di Euro, ma esiste un mercato per tutte queste nuove infrastrutture?
Genova – “Un database dei terminal non solo container, progettati o in costruzione nei vari porti italiani, e quindi una mappa che evidenzi, da un lato, le tipologie di traffico e, dall’altro, la domanda effettiva del mercato per tali tipologie di merci e servizi in determinate aree del Paese”. A proporlo è il Presidente di Federagenti, Paolo Pessina, anche alla luce di una revisione del PNRR che appare inevitabile alla luce dei ritardi che incombono sulla maggioranza delle opere finanziate attraverso questo strumento straordinario.
“Per alcune tipologie di traffico – afferma Pessina – l’offerta portuale italiana, dopo l’ultimazione dei lavori previsti nel PNRR, potrebbe risultare più che doppia rispetto alla crescita attesa del mercato, senza contare il fatto che potrebbero finire sotto i riflettori le decisioni di edificare infrastrutture portuali in territori dove questi terminal e queste banchine non hanno senso, se non quello di soddisfare campanilismi e clientele”.
Oggi il PNRR stanzia nei soli porti 3,8 miliardi di euro ai quali sommare gli stanziamenti specifici per gli scali del Sud (2,6 miliardi), quelli alle Ferrovie (più di 10 miliardi fra alta velocità e linee ferroviarie nel Mezzogiorno) più finanziamenti per il comparto logistico.
“Molti hanno dimenticato – prosegue il Presidente di Federagenti – che quelli che sono oggi i principali terminal container del Paese, quello di Gioia Tauro e quello di Genova-Prà, erano stati progettati (sulla base di scelte e valutazioni errate del mercato) come hub per l’importazione del carbone ed erano diventate cattedrali nel deserto salvate per un’intuizione imprenditoriale o manageriale”.
Oggi – secondo la Federazione degli agenti e raccomandatari marittimi – è indispensabile che il Paese si interroghi con serietà su quello che gli è necessario e su quello che invece non è frutto di valutazioni economiche attente.
“Ci rendiamo conto – conclude Pessina – quanto sia complesso applicare criteri di buon governo a opere pubbliche, ma siamo disposti a nostra volta a rimboccarci le maniche e aiutare i decisori pubblici a spendere bene e in modo non avventato risorse che, anche nei territori beneficiari di progettazione non basata sulla domanda del mercato, potrebbero essere dirottate su reali necessità”.