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Porti, si scalda il dibattito sul regolamento europeo

DiGiovanni Grande

Ott 1, 2013

No deciso di Espo. Comitato delle Regioni: “Più potere agli enti territoriali”

Lasciare margini adeguati agli Stati Membri per rispondere alle specifiche esigenze dei loro porti. Sulla proposta di regolamento europeo che istituisce un quadro per l’accesso al mercato dei servizi portuali e la trasparenza finanziaria degli scali la Commissione per le Politiche di Coesione Territoriale del Comitato delle Regioni Ue ha adottato un progetto di parere. Il documento, illustrato dal relatore, il sindaco di Livorno Alessandro Cosimi, vicepresidente del Comitato delle Regioni, sarà votato in plenaria a dicembre e punta a trovare il giusto equilibrio tra la necessità di un’omogeneità normativa e le esigenze delle esperienze locali. In particolare, spiega Cosimi, “vanno esclusi dal campo di applicazione delle nuove regole  tutte le attività che si configurano come servizi pubblici, servizi tecnico nautici – ormeggio, dragaggio ecc. – e tutte le operazioni di servizio che, a nostro avviso, devono essere governate dagli organismi nazionali competenti in un rapporto di collaborazione con gli enti locali”.

Confronto aperto anche sullo strumento normativo da utilizzare. La Commissione ha proposto un regolamento, scelta che presuppone un impianto stringente di norme comuni e poche garanzie di condizioni omogenee di competizione. E se c’è chi come l’European Seaport Organization vorrebbe limitare al minimo l’intervento di Bruxelles attraverso l’adozione di semplici linee guida, per garantire la competitività della portualità europea il Comitato delle Regione opta decisamente per la direttiva. “Il quadro è molto differenziato”, sottolinea Cosimi. “In alcuni Paesi i porti, anche se sono a capitale pubblico, vengono gestiti con forme di governance molto vicine a quelle del settore privato, con una libertà d’azione che è completamente diversa da quella normalmente concessa alle autorità di gestione pubbliche. Per far compiere a tutti un passo avanti dobbiamo affrontare la questione normativa, aumentare la trasparenza degli aiuti di Stato –  che sarà il tema decisivo –  e promuovere gli investimenti infrastrutturali, chiarendo che i nostri porti il terminale e il gate delle reti transeuropee di trasporto TEN-T e non isole scollegate, abbandonate”.

Un tema che prima o poi dovrà affrontare anche l’Italia, chiamata a selezionare gli investimenti, orientandoli in una strategia complessiva. “Se dovessimo completare tutti i terminal contenitori progettati oggi in Italia – continua Cosimi – avremmo un’offerta capace di gestire 25 milioni di teu all’anno. Oggi ne circolano 10, si calcola che raddoppieranno da qui al 2030 ma noi non poi possiamo generare una sovraccapacità di offerta. Per essere competitivi bisogna star dentro una programmazione sensata, che garantisca un uso adeguato dei soldi  pubblici”.

Tra gli aspetti più delicati affrontati nel parere c’è l’urgenza di chiarire la normativa sugli aiuti di stato per le infrastrutture, creando un contesto più favorevole per gli investimenti. Regioni e città sono inoltre preoccupate dai rischi di appesantimento degli adempimenti burocratici legati alla creazione di una nuova autorità europea per i porti, proposta dalla Commissione.

Pollice verso, invece, da ESPO, l’associazione che riunisce gli scali continentali, alla vigilia della discussione della proposta in sede di Commissione Trasporti del Parlamento Europeo. “I porti europei – ha affermato Isabelle Ryckbost, segretario generale di ESPO – si trovano ad affrontare sfide enormi: volumi in crescita, gigantismo navale, crescenti pressioni sociali e ambientali. Hanno bisogno di scelte che permettano di affrontarle, non di regole che stabiliscano oneri supplementari”. Paventando una “gabbia normativa”, a detrimento delle realtà più performanti, ESPO ha individuato in un mercato interno dei trasporti marittimi, nella lotta alla concorrenza sleale dei paesi terzi confinanti e nell’eccessiva gravosità delle procedure doganali le vere criticità da affrontare.