• 16 Aprile 2025 19:47

Seareporter.it

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Un’isola tra le isole: il lavoro invisibile del mare

Nel cuore della notte di Capodanno, mentre il resto del mondo festeggiava l’arrivo del nuovo anno, un gruppo di lavoratori marittimi della compagnia Grimaldi navigava lungo le rotte che collegano le isole e le penisole italiane, e dalla penisola al continente europeo. La nave, nella distesa del mare, solcava le acque del Mediterraneo, con pochi passeggeri a bordo, custode di storie di fatica e dedizione.

La navigazione in mare, soprattutto nei periodi festivi, racchiude in sé l’essenza di un settore troppo spesso invisibile: quello del lavoro marittimo. Mentre i passeggeri si accingono a partire per le loro vacanze, chi lavora sulle navi è sempre lì, ininterrottamente, senza sosta, e in molti casi, lontano dai propri cari. Un sacrificio che però rappresenta la spina dorsale della connessione tra le isole e il continente, un’infrastruttura vitale e allo stesso tempo un mondo a sé stante, un’isola tra le isole.

Il trasporto marittimo è da sempre un pilastro fondamentale per l’economia italiana e per quella europea. Le cosiddette “autostrade del mare” sono arterie vitali che permettono il trasporto di merci e passeggeri tra le principali isole del Mediterraneo, ma anche tra il continente e le isole più lontane. Un servizio indispensabile, che rende possibile non solo il flusso di beni, ma anche il legame tra le diverse culture, comunità ed economie locali.

Le compagnie marittime come Grimaldi svolgono un ruolo centrale in questo ecosistema, con una flotta che copre rotta dopo rotta, assicurando una continuità che non si ferma mai, tutto l’anno, nemmeno durante le festività. La loro capacità di gestire questa complessità operativa non è solo una questione logistica, ma un atto di responsabilità sociale ed economica che impatta enormemente sulla vita quotidiana dei cittadini e delle imprese.

Oggi, il commercio mondiale passa per circa il 90% via mare. L’integrazione fra le varie aree del pianeta non sarebbe possibile senza il contributo della forza di lavoro imbarcata, circa due milioni di lavoratori e lavoratrici che operano, a livello globale, a bordo delle navi merci e passeggeri (fonte ILO, International Labour Organization, 2021). La condizione sociale ed economica di questa tipologia di lavoratori e lavoratrici, definiti “nomadi del mare” per le caratteristiche dell’impiego che li tiene lontani dalla terraferma per molti mesi, è ancora poco conosciuta dall’opinione pubblica e poco indagata dalla letteratura scientifica.

Dietro ogni viaggio, dietro ogni rotta, ci sono uomini e donne che lavorano in condizioni particolari, che talvolta risultano invisibili ai più. Durante le festività, come quella di Capodanno, questi lavoratori marittimi sono costretti a lasciare le proprie famiglie per garantire che il sistema funzioni senza interruzione, per garantire la mobilità via mare. Si trovano a rispettare turni di lavoro, lontano dalle comodità di casa, a vivere con pochi altri colleghi, condividendo il silenzio del mare. Un sacrificio che rimane spesso nell’ombra, ma che è fondamentale per il corretto funzionamento della rete di trasporto marittimo.

È un elemento non solo economico, ma anche sociale. Le navi della Grimaldi, ad esempio, sono simbolo di un’integrazione tra i vari territori italiani, che sono fisicamente separati dal mare. I lavoratori del mare sono un vero e proprio “ponte” tra le isole e il continente, garantendo una circolazione continua di beni e persone, che va ben oltre il semplice trasporto.

È il lavoro che permette a un’isola, come la Sardegna, situata al centro del Mediterraneo, di rimanere collegata consentendo ad una piccola comunità di crescere e svilupparsi grazie alla possibilità di scambiare risorse e idee, creando legami culturali tra le diverse realtà.

Il 31 dicembre 2024, ci sono pochi passeggeri imbarcati nella tratta che percorriamo tra l’isola e la penisola, qualche turista e degli autotrasportatori. La nave è addobbata per le festività natalizie. Il commissario di bordo, intervistato nel suo ufficio, racconta: “per noi è un giorno come un altro, lavoriamo con responsabilità, come sempre”. Più tardi, dopo la chiusura del ristorante, chiamerà a raccolta l’equipaggio nei locali del self-service, per gli auguri ufficiali e un discorso di fine anno.

Nella nave si respira un ritmo quotidiano, intervallato soltanto dall’eco della televisione che trasmette il concerto e il countdown di fine anno dalle reti pubbliche. Ci saranno 5 o 6 i passeggeri seduti nei tavolini, che a mezzanotte si scambiano gli auguri e che salutano i due membri dell’equipaggio al bancone del bar, che resta aperto tutta la notte. Tra questi, una giovane lavoratrice: è la più giovane dell’equipaggio, 18 anni appena compiuti. L’abbiamo intervistata per conoscere le sue motivazioni, e cosa significhi per lei stare sulla nave, anche durante le festività natalizie: “ho fatto il primo imbarco a 17 anni, ero minorenne, all’inizio è stata un’avventura, poi sono rimasta. Lavoro quasi sempre come barista. Ci sono momenti si e momenti no, è sempre più bello stare in famiglia durante le feste, però bisogna essere forti nella vita, quindi stringo i denti e vado avanti. Io sto in nave 90 giorni, torno due mesi a casa, e poi mi imbarco per altri tre mesi. Qui è come avere una famiglia, stiamo sempre insieme tutti i giorni con gli altri membri dell’equipaggio, infatti ieri abbiamo festeggiato insieme.”

Fra i lavoratori marittimi, la componente femminile è minoritaria e rappresenta oggi solo l’1,2% della forza lavoro impiegata a bordo nave, a livello mondiale che, secondo l’ultimo rapporto BIMCO (2021), si stima essere pari a 24.059 donne (+45,8% rispetto al 2015). Solo da qualche decennio infatti la figura della donna marittima è emersa nel panorama globale dello shipping. Secondo i dati forniti dall’ International Transport Forum (2020), le donne lavorano in gran parte nel settore passeggeri, imbarcate prevalentemente sulle navi da crociera e sui traghetti e che costituiscono altresì la forza lavoro più giovane in termini anagrafici. Dal punto di vista del posizionamento gerarchico a bordo nave, le donne rimangono oggi collocate nei ruoli inferiori, ricoprendo con minore frequenza ruoli da ufficiali rispetto ai colleghi uomini. Ad oggi è la Svezia il paese con la percentuale maggiore di equipaggio femminile imbarcato con il 23% sul totale, mentre in Italia arriva a circa l’1.3%.

In un settore tradizionalmente dominato dagli uomini, la scelta della giovanissima impiegata che abbiamo intervistato, non è solo un passo verso la realizzazione personale, ma anche una sfida alle aspettative di genere. La sua esperienza racconta di una crescente apertura del settore alle donne, seppur con alcune difficoltà legate alla tradizione e alla cultura della professione. “Il lavoro in mare è duro, ma ogni giorno mi sento parte di un cambiamento. Le donne stanno dimostrando di poter ricoprire ruoli anche in questo ambiente, e io ne sono testimone,” sottolineando l’importanza di un ambiente di lavoro inclusivo che permetta a tutte le professionalità di esprimersi al meglio.

Nel viaggio di ritorno, alcune settimane dopo la notte di Capodanno, percorriamo una tratta tra l’Europa del Sud e la penisola italiana, per capire come avviene il trasporto passeggeri e merci in una stagione poco turistica, in cui viaggiano principalmente lavoratori, autotrasportatori, e residenti tra le sponde dell’Adriatico.

Durante il tragitto, una voce in italiano e inglese avvisa dagli altoparlanti i passeggeri che a breve si sarebbe svolta un’esercitazione. Tra il ponte esterno, i corridoi, e la hall della reception, il personale si raduna a scaglioni in vari punti dell’imbarcazione, vengono chiamati al rapporto in base ai ruoli, e alcuni indossano il casco, e tengono in mano un megafono per simulare un’emergenza in mare. Nei corridoi interni, un segnale è posizionato tra le maniglie delle cabine ad indicare l’avvenuta evacuazione simulata.

L’altoparlante continua a rassicurare i pochi passeggeri riuniti nel ponte bar, che si tratta solo di un’esercitazione, nel frattempo dalle vetrate a prua, si intravede il personale di bordo che prende e indossa i giubbotti salvagente, e il capitano che da istruzioni ai vari gruppi dell’equipaggio.

Un altro aspetto cruciale del lavoro marittimo è infatti la sicurezza. In quel momento, alla metà di gennaio, la nave si trovava in una fase di basso traffico passeggeri, proprio per permettere questo tipo di formazione costante del personale, essenziale per garantire che in caso di necessità, l’equipaggio sia pronto ad affrontare qualsiasi tipo di situazione.

L’esercitazione a bordo non è stata solo una dimostrazione tecnica, ma un chiaro segnale dell’impegno costante per garantire la sicurezza in mare. Le immagini raccolte raccontano l’attenzione, la preparazione e il coordinamento dell’equipaggio, offrendo uno sguardo autentico su un mondo dove la prevenzione è quotidianità.

La compagnia Grimaldi, come molte altre nel settore, investe regolarmente in esercitazioni di questo tipo, per garantire che i propri dipendenti siano sempre preparati ad affrontare le circostanze più difficili. Come indicano i dati del Ministero dei Trasporti sui sinistri marittimi di un trend sempre più decrescente tra il 2010 e il 2019, in mare aperto, ogni dettaglio può fare la differenza — e a bordo, nulla è lasciato al caso.

In questo microcosmo galleggiante, che ogni giorno unisce coste e persone, il lavoro invisibile del mare si fa visibile per un attimo: un’isola tra le isole, dove sicurezza, professionalità e dedizione navigano insieme, spesso lontano dallo sguardo, ma mai lontano dalla responsabilità.

Stefania Muresu, giornalista e sociologa visuale

Fabian Volti, fotografo e filmmaker freelance