Lo stallo uccide il porto. Persa la linea diretta con la Cina:110 mila teu dirottati al Pireo
L’ultimo colpo all’equilibrio precario del porto di Napoli arriva dal Far East. Non bastassero un’Ap scossa dagli scandali e commissariata da oltre un anno, le incertezze sull’approvazione del PRP e il rischio sempre più concreto che del Grande Progetto rimanga solo la grancassa battuta dai giornali cittadini, lo scalo perde anche l’unica linea diretta con la Cina. Perché, in un contesto sempre più votato al gigantismo navale, restare fermi, non adeguarsi all’evoluzione sempre più veloce dello shipping internazionale, condanna all’irrilevanza; alla marginalità di una vocazione regionale. Succede così che l’alleanza delle compagnie marittime Cosco, Hanjin, KLine e Yang Ming (MD3) decida di deviare le principali navi che scalano Napoli verso il Pireo e Port Said a causa dei fondali troppo bassi. Una perdita secca di circa 110 mila contenitori che viaggeranno su unità da 8-8.500 teu: navi troppo grandi per attraccare sulle banchine partenopee. “I collegamenti – assicura Cosco – saranno sostituito con un servizio feeder settimanale”. Troppo poco, considerando gli anni consumati in attesa dei dragaggi; briciole per chi con la Darsena di Levante, l’eterna incompiuta destinata ad ancorare sul territorio campano i traffici asiatici, ambiva a movimentare un milione di teu. Resta lo sconcerto e la delusione degli operatori (le perdite, si calcola, ammonterebbero a 30 milioni di euro), cui si unisce anche la voce di Assologistica. Tutti puntano il dito contro l’abbandono da parte della politica. Tutti chiedono a gran voce (e non solo da ora, purtroppo) un’assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni in grado di sbloccare lo stallo. Il rischio, come denuncia l’associazione dei terminalisti, è mettere a repentaglio “la sopravvivenza competitiva del gate portuale di uno dei principali poli italiani di produzione e consumo”.