L’incentivo non ha colto gli obiettivi, servono stimoli anche sul lato offerta
Non solo Ecobonus. Piuttosto una rivisitazione della politica degli incentivi in grado di attivare, sul lato banchina, servizi efficienti ed affidabili. Il dossier Isfort “Autostrade del Mare 2.0: risultati, criticità, proposte per il rilancio” guarda anche ai porti e alle compagnie. L’assenza di terminal dedicati alla movimentazione di rotabili, una reale integrazione tra operatori e una più equilibrata distribuzione dei sussidi, così come evidenziato anche dal Piano Nazionale della Logistica, sono tra i punti critici che hanno impedito finora un pieno sviluppo delle linee Ro-Ro. Da qui l’invito a ricalibrare l’attuale strategia di riequilibrio modale, basata sulla sovvenzione del costo diretto superiore del trasporto marittimo rispetto al tutto-strada. L’Ecobonus, sottolinea la ricerca, non ha raggiunto i risultati attesi. E questo non solo per “un’altalenante posizione della Commissione Europea” che lo ha prima considerato una best practice (2007-2009), poi elemento distorsivo della concorrenza e infine pratica riammessa (luglio 2013), sebbene con alcune modifiche. “Se si considerano i fondi erogati (oltre i 200 milioni di euro già distribuiti, altri 34 sono in corso di erogazione per l’anno 2011) e l’effettivo utilizzo che ne è stato fatto – spiega il documento – l’obiettivo del trasferimento dei camion dalla strada al mare sembra essere stato colto solo in parte. Secondo la società chiamata a gestire l’erogazione degli incentivi (RAM Spa) l’impatto di tale provvedimento si attesta intorno al 5% di traffico trasferito”. A limitarne il successo al solo cabotaggio marittimo obbligato (i collegamenti insulari), con l’eccezione del tratto sostitutivo alla Salerno-Reggio Calabria e delle linee Ravenna-Catania e Genova-Termini, soprattutto la scelta di incentivare solo “una quota marginale del costo complessivo di questa soluzione di trasporto, ovvero il costo del passaggio nave”. “L’erogazione di un contributo – evidenzia il rapporto – non è sufficiente a modificare un modello logistico, serve un complesso di interventi di carattere organizzativo, di servizio e, dove necessario, infrastrutturale che trasformino la sede portuale, da un punto di imbarco e di sbarco di camion, in un nodo intermodale in cui le modalità alternative alla gomma (trasporto marittimo e ferroviario), possano integrarsi in modo efficace ed efficiente con l’autotrasporto”.