Andrea Fontana, a nome della community portuale e geli agenti marittimi, denuncia lo stallo infrastrutturale
“I lavori di espansione del porto di La Spezia viaggiano mediamente con un ritardo compreso fra i tre e in cinque anni rispetto alla tabella di marcia prevista. Purtroppo fra ricorsi e battute di arresto, il risultato è sconfortante: sovrapponendo la piantina del porto di 30 anni fa con quella attuale, non fosse per il riassetto del molo Garibaldi, si dovrebbe constatare che non è cambiato niente”.
La denuncia è di Andrea Fontana, che – a nome della community portuale spezzina, riunita in La Spezia Port Service, e dell’Associazione agenti marittimi di La Spezia che presiede – fa scattare l’allarme. “La Spezia – afferma – ha rappresentato per efficienza e produttività, nonché per capacità organizzativa e di innovazione anche dei suoi operatori privati, una splendida eccezione nel panorama nazionale. Ma burocrazia, ricorsi e ritardi stanno producendo danni incolmabili”.
“È vero – prosegue Fontana – quello della dilatazione incontrollata dei tempi di realizzazione delle nuove infrastrutture è un fenomeno comune e tristemente noto a tutti i maggiori scali marittimi del paese. Ma per noi operatori, per noi agenti marittimi, in questo preciso momento di mercato caratterizzato da forti cambiamenti, non poter fornire agli armatori e alle compagnie internazionali risposte certe rischia di tradursi in un vero e proprio suicidio”.
La Spezia Port Service ha quindi individuato la lista dei principali lavori al palo, partendo da levante e proseguendo in direzione Toscana:
1) Per una serie di problemi di tipo organizzativo non sono ancora partiti i lavori di riempimento e ampliamento del terminal Tarros-Cantieri del Golfo; lavori e investimenti sulla base dei quali è stata assegnata una concessione quarantennale. La gara per inizio lavori non risulta essere stata bandita e il termine dei lavori è ora previsto per il 2019.
2) L’ampliamento verso levante del La Spezia Container Terminal (LSCT) presuppone il trasferimento e il radicamento delle marine (la piú nota è quella del Canaletto) nel sito di Molo Pagliari. Anche in questo caso, nella piú ottimistica delle ipotesi, il Molo Pagliari non sarà pronto, per accogliere gli utenti delle due marine con i quali l’Autorità portuale ha faticosamente dopo anni trovato un’intesa, prima di due o tre anni. E solo allora sarà possibile iniziare i lavori di ampliamento del terminal.
3) Molo Garibaldi: il recente accordo tra Autorità Portuale con LSCT, che prevede l’ampiamento del Molo Garibaldi per ricavarne 2 accosti per navi portacontainer e che in teoria non dovrebbe trovare opposizioni e ritardi, in quanto realizzato in gran parte dalla stessa LSCT con fondi propri e senza spostare alcuna attività, ha già causato un ricorso al TAR da parte di una neonata associazione ambientalista a testimonianza che ci sono forze che si oppongono a qualsiasi ampliamento del porto “a prescindere”.
4) La Corte dei Conti, a sorpresa, ha bocciato e congelato il finanziamento di 39 milioni di euro per la ristrutturazione e il potenziamento degli impianti ferroviari in porto sui quali si era espresso positivamente il Cipe. Lavori che dovevano consentire di formare treni da 650 metri contro i convogli attuali da 400 metri di lunghezza.
“Le responsabilità non sono da ricercarsi in uno o più soggetti in particolare ma nel sistema del nostro Paese che non è più in grado di fornire tempi certi nella programmazione delle opere permettendo un eccessivo potere di veto a chicchessia. È un sistema che non funziona piú e che ha tempi incompatibili con quelli di un mercato e di uno shipping che pretende risposte rapide e quelle certezze che non siamo in grado di dare a nessuno.”