Più di 5000 container contenenti merci “italiane”, per la maggior parte prodotti finiti e componentistica in importazione, per un valore complessivo quantificabile fra i 300 e i 350 milioni di dollari, bloccati sulle banchine dei porti o nelle stive delle navi. Il crack della compagnia coreana di trasporto container Hanijn Line “non è più, e non è mai stato, un problema solo per il mondo che ruota sui porti e sulle rotte del trasporto marittimo”. A sottolinearlo con forza, lanciando un nuovo allarme sull’effetto domino che il collasso finanziario della settima compagnia mondiale potrebbe innescare, è Alessandro Laghezza, presidente di Ligurian Logistic System, nonché consigliere nazionale di Fedespedi e di Confetra. “E’un problema serissimo per l’economia italiana che, come quella dei maggiori paesi europei, lega il suo funzionamento a un regolare flusso di approvvigionamenti e che ora si trova a fare i conti con la “merce prigioniera” e con due rischi incombenti. Da un lato, quello della paralisi di alcune importanti catene produttive di primarie industrie italiane comunque con un aggravio dei costi a carico della merce; dall’altro, un rinvio a tempo indeterminato delle importazione dei beni di consumo (in primis prodotti elettronici) provenienti dai paesi asiatici e destinati alla grande distribuzione italiana”. “Benchè in tempi stretti tutti gli operatori italiani e la Federazione nazionale spedizionieri (Fedespedi) – sottolinea Laghezz a– si siano attivati per accelerare lo sblocco di queste merci e la prosecuzione a destino, anche attraverso l’assunzione diretta di responsabilità e la sottoscrizione di fideiussioni, la situazione è ben lontana dalla normalità”. Secondo Laghezza dai 2000 ai 2500 container sono stati sbarcati sulle banchine, ma almeno altrettanti sono ancora bordo di navi in mare aperto. Navi che, in alcuni casi, evitano di entrare nei porti per il timore fondato di essere poste subito sotto sequestro. “Tre –conclude Laghezza– sono le navi che attualmente risultano avere a bordo merce e prodotti destinate a La Spezia: la “Hanjin Italy” e la “Hanjin Tabul” ferme in rada davanti a Jeddah, mentre la “Hanjin Korea” è in navigazione verso Yantian. A queste si aggiunge la “Hanjin Spain” che dopo aver scaricato la quota di carico per La Spezia, ha saltato lo scalo di Genova e attualmente è in attesa di operare presso il porto di Valencia dove dovrebbe scaricare anche i container destinati a Genova”. Attualmente, delle 98 navi censite nel sito Hanjin, 15 risultano sequestrate o bloccate in banchina, 7 navi noleggiate sono rientrate in possesso dei proprietari e 10 sono alla fonda in prossimità delle rade di vari porti nel mondo, mentre 18 sono ancora operative nel porto coreano di Busan. Il resto della flotta risulta prevalentemente alla fonda in acque internazionali o in attesa di autorizzazioni e garanzie per entrare in porti nelle quali il rischio sequestro è altissimo. “Una situazione che già oggi minaccia più di cento posti di lavoro, ma che potrebbe aggravarsi; una situazione che richiede –conclude Alessandro Laghezza– un immediato sforzo diplomatico del governo italiano su quello coreano, ma anche l’adozione di misure straordinarie e l’adozione di tutti gli strumenti possibili per ridurre l’impatto sia sul comparto portuale e logistico sia sull’intera filiera produttiva”.