Un pool di oltre 60 economisti di Prometeia ha pubblicato sul suo Atlante una sintesi dello studio Nomisma-Prometeia sull’impatto socio-economico del Porto di Genova in Liguria e in Italia. Ne emerge una filiera che attiva 11 miliardi di produzione. I dati parlano di “una realtà di assoluto rilievo per la logistica nazionale”, che concentra “importanti flussi di traffico internazionale via mare da/per l’Italia, svolgendo quindi un ruolo essenziale come porta di accesso (gateway) ai mercati esteri”. “Con oltre 51,3 milioni di tonnellate di merce movimentata nel 2015, Genova mostra una forte presenza industriale costituita dalle industrie di costruzione e riparazione navale ed è meta di rilevanti flussi passeggeri da traghetto e crociere. Il porto di Genova è il primo in Italia nel settore dei container con 2,2 milioni di TEU movimentati nel 2015”.
Il ruolo nella struttura economica della città e della regione è confermato dalle stime sugli effetti generati. Per prima cosa è stata definita la dimensione delle attività che fanno parte della filiera portuale (port cluster), ovvero di quei settori direttamente coinvolti nell’attività del porto: trasporti marittimi, ferroviari e stradali, logistica e industria cantieristica. Sono state poi calcolate tre tipologie di impatti dell’attività portuale: impatto diretto, che misura la produzione, valore aggiunto e occupazione delle imprese che operano nella filiera portuale; impatto indiretto, che misura gli effetti degli acquisti di beni e di servizi effettuati dalle imprese della filiera e rivolti alle imprese che operano in altri settori di attività; impatto indotto, che tiene conto anche degli effetti derivanti dai redditi generati dalla filiera portuale e dal conseguente aumento dei consumi.
I risultati di sintesi indicano che la filiera portuale di Genova attiva nel complesso (effetti diretti, indiretti ed indotti) 10,9 miliardi di euro di produzione, 4,6 miliardi di euro di valore aggiunto e impiega 54mila unità di lavoro nella sola Liguria. In termini relativi, la filiera portuale di Genova pesa per il 11% sul valore aggiunto della Liguria e per l’8% sull’occupazione. Gli effetti complessivi influenzano in modo significativo un’ampia gamma di settori, anche solo marginalmente coinvolti nell’attività portuale vera e propria, ma che entrano in gioco nel momento in cui contribuiscono a soddisfare la domanda di consumi derivante dai redditi distribuiti dalla filiera.
In effetti solo il 61% del valore aggiunto complessivamente generato dal porto di Genova si riferisce alla filiera portuale, mentre il restante 39% va ad attivare altri settori, tra i quali le attività immobiliari (10% dell’effetto complessivo), il commercio all’ingrosso (4%), i servizi di alloggio e ristorazione (3%), le attività di noleggio e leasing (2%) e altre tipologie di servizi alle imprese.
L’impatto economico del porto di Genova non è poi limitato alla sola Liguria, ma coinvolge anche le altre regioni. In effetti alla Liguria viene attribuito solo il 48% dell’effetto complessivo del porto, alla Lombardia il 19%, al Piemonte il 10%, all’Emilia Romagna il 6%, alla Toscana e al Veneto il 4%, al Lazio il 2%. Se si tiene conto dell’impatto delle attività del porto su tutte le regioni italiane, la dimensione economica della filiera portuale è più che raddoppiata sia in termini di valore aggiunto che di occupazione. In particolare, a fronte delle già ricordate 54mila unità di lavoro generate nel territorio ligure, i complessivi effetti a livello nazionale totalizzano 122mila unità di lavoro.