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I’M AN INDIVIDUAL, NOT AN AGE GROUP: SCOMPAIONO LE FASCE D’ETA’, A 30 ANNI SI TEME DI INVECCHIARE E A 70 SI PENSA AL CORTEGGIAMENTO

DiVincenzo Bustelli

Ott 24, 2017

LO RIVELA LO STUDIO “TRUTH ABOUT AGE”
CONDOTTO DA MCCANN TRUTH CENTRAL SU OLTRE 30 PAESI E 24.000 PERSONE

Milano, 24 ottobre 2017 – “I’m an Individual, not an Age Group”. Sono un individuo, non una fascia
di età, sintetizza alla perfezione quanto emerge da “Truth about Age – TAA” lo studio condotto da
McCann Truth Central, global intelligence unit di McCann Worldgroup, sul tema dell’ageing
presentato oggi a Milano. In un mondo in cui secondo stime dell’Organizzazione mondiale della
sanità (Oms), sarà over-60 una persona su cinque entro il 2050, e l’Italia sarà il paese più ‘vecchio’
dopo il Giappone, rincuora scoprire che la fotografia scattata su circa 24.000 persone, di età
compresa tra i 20 ed i 70 anni, in 29 paesi*, supportata da una ricerca qualitativa in 36 paesi in tutto
il mondo, ritrae una fascia over 65 sempre meno classificabile nella casella e negli stereotipi fino ad
ora considerati e ci restituisce un’immagine di età fluida e inaspettata.
Dallo studio emerge che le persone di tutte le fasce d’età non stanno rispettando le aspettative
tradizionalmente associate alla loro fase di vita. Infatti, due terzi delle persone di circa 70 anni
facenti parte del campione globale, credono che “tu non sia mai troppo vecchio per un
appuntamento romantico”, mentre il 57% dei ventenni ha più paura della morte. Dati globali che
si riscontrano anche nel Bel Paese dove l’invecchiamento è visto dai settantenni, come nel resto
del mondo, con un atteggiamento fondamentalmente positivo, che porta più libertà e felicità e
che non mina la capacità di mantenere una mente e uno spirito attivi. È così per il 70% dei
settantenni. Gli italiani si sentono infatti meno vecchi della media globale, ma i più anziani
evidenziano una maggiore preoccupazione riguardo l’invecchiamento rispetto al resto del
mondo (“penso sempre all’invecchiamento” – 37% Italia contro 22% della media mondiale) e rispetto
alle possibili limitazioni fisiche, tema che li preoccupa maggiormente che nel resto del globo (33%
contro 25%). Sarà forse per questo che in Italia i settantenni fanno più esercizio fisico rispetto
alla media mondiale (6 ore alla settimana contro 5) e che in generale oltre i due terzi del totale
della popolazione ritiene che il comportamento più importante per invecchiare felicemente sia
quello di mangiare il cibo giusto.
Da Truth about Age emerge quindi che si deve andare oltre la categorizzazione e collocare le
persone dentro un modello di vita e non dentro un range di età. “L’invecchiamento non è solo
una preoccupazione degli anziani e vivere non è solo un pensiero da giovani” ha dichiarato Luca
Lindner, Global President McCann Worldgroup – “Siamo in un momento cruciale nella storia
umana, dove le tradizionali aspettative sull’età sono messe in discussione in tutte le fasce d’età.
Truth about Age ha chiaramente rivelato che l’età sta diventando un predittore sempre meno utile
dei comportamenti e degli atteggiamenti”.
L’invecchiamento e gli atteggiamenti verso l’invecchiamento interessano le persone in ogni fase di
vita e in tutto il mondo. In Giappone, per esempio, il 40% della popolazione sarà over 65 entro il
2060 mentre in Bolivia l’età media è 24. La vecchiaia è vista in modo più positivo in tutto il mondo
come si può evincere da alcune risposte qualitative trasversali alle diverse culture: una coppia di
genitori over 65 in Cina ha chiesto ai loro figli di spendere i soldi del loro funerale in viaggi. Dei
nonni in Australia dicono di essere troppo impegnati per vedere i loro nipoti e una coppia di filippini
ha avviato una attività imprenditoriale dopo essere andata in pensione. “Tenuto conto di certe
dinamiche globali, noi crediamo che sia il momento di riconsiderare la concezione di invecchiamento
e di studiare gli atteggiamenti, credenze e comportamenti verso un concetto di ‘età’ esplorato più
ampiamente. È la ragione per cui abbiamo pensato di studiare questo su tutte le fasce di età e con
un campione che abbraccia oltre 30 paesi” – ha dichiarato Giovanni Lanzarotti, Head of Strategic
Planning McCann World Group Italia.

Come affrontare allora la percezione dell’età in una realtà globale in cui le persone che hanno più
paura della morte sono i ventenni, coloro i quali pensano di più all’invecchiamento ne hanno
trenta e chi ci pensa meno ne ha 70? Quattro le linee guida.
Uno: Start young! Tradizionalmente la discussione sull’invecchiamento è riservata agli over 50 ma
i risultati raccolti indicano che l’invecchiamento è un problema più per i giovani: le persone tra i 20
ed i 30 anni hanno un’attitudine più negativa all’invecchiamento che le persone più adulte (50% vs
una media del 43% che scende a 33% nei 70enni). Esiste un’opportunità per iniziare con i giovani
un discorso sul futuro.
Due: Festeggiare le conquiste. Troppo spesso ci si concentra sulle perdite associate all’età (dalla
riduzione cognitiva alla mobilità limitata) e l’invecchiamento è considerato come un processo
negativo. Eppure i dati indicano che la vita diventa più ricca e felice con il tempo. Due terzi delle
persone intorno ai 70 anni si sentono positivi sull’età che passa. Diventano più spirituali liberale ed
idealisti nel tempo rispetto alla controparte più giovane. In questo contesto non deve sorprendere
che stanno emergendo nuovi modelli di pensionamento. Vale la pena riflettere sul fatto che concetti
come “pensione”, “nido vuoto”, “riduzione” legati agli anziani non sono più attuali. Hanno lasciato il
passo a temi come “conquista”, “lifestyle”, “tempo libero”.
Tre: Non considerare l’età come un numero. Come già più volte espresso, tutti pensano
all’invecchiamento in modo diverso rispetto a qualche anno fa e indipendentemente dalla loro età
numerica. Il 19% del campione guarda all’invecchiamento come un viaggio di opportunità illimitate
e come crescita personale (Ageless adventurers), il 20% lo vive come un momento di impegno con
la comunità e arricchimento dei rapporti personali (Communal Caretakers), il 17% come un
processo di maturità e acquisizione delle responsabilità degli adulti (Actualizing Adults), il 20 come
declino e perdita della loro giovinezza e vitalità (Youth Chasers) ed infine la parte del campione più
spaventata (Future Fearers – 20%) che vede il passare degli anni come un momento di ansia e
incertezza dovuta a rischi associati alla vecchiaia. E questa segmentazione offre sicuramente spunti
differenti a seconda del Paese di appartenenza. Per esempio, il Cile, il paese con il tasso di
invecchiamento più veloce in America Latina, ha la proporzione più alta di Ageless Adventurers
(37%) rispetto a qualsiasi paese nel sondaggio. In Italia ci troviamo di fronte ad una situazione
polarizzata. Sono infatti i segmenti completamente antitetici a raccogliere la maggioranza degli
individui: Future Fearers (43%) e Ageless Adventurers (32%).
Quattro: Promuovere i rapporti intergenerazionali.
C’è un tema coerente che trascende i Paesi quando si tratta di invecchiare bene: trascorrere del
tempo con persone di età diversa. Il 70% delle persone dice infatti che è importante stare persone
che sono più giovani. Ma molta parte del campione (66%), con una buona sovrapposizione, pensa
che è anche importante spendere tempo con persone che sono più vecchie di te. Poi ci sono le
curiosità legate alle singole culture. Per esempio, in India si pensa che la chiave per un buon
invecchiamento sia essere rispettati dalla società. In UK a fare la differenza è un buon senso
dell’umorismo mentre in Giappone dormire il più possibile. E come già evidenziato nel paese del
buon cibo e di grandi tradizioni gastronomiche è forse quasi scontato che il comportamento più
importante per invecchiare felicemente è quello di mangiare bene!
“E’ indubbio che l’invecchiamento, e il cambio dei paradigmi di consumo che ne consegue, richieda
approcci radicalmente diversi. Osserviamo sempre più una sovrapposizione dei modelli di
comportamento tra varie generazioni che ci spingono a ripensare alle nostre attività di
comunicazione in maniera più integrata e trasversale” – ha dichiarato Giuseppe Caiazza, CEO
IPG Mediabrands / McCann Worldgroup Italia – “E’ anche questa la ragione per cui il nostro
Gruppo in Italia ha deciso di unificare creatività, digital e media a beneficio dei nostri clienti e della
qualità dei progetti. Un approccio che ci ha permesso di lavorare sempre meglio coi nostri Clienti,

crescendo a doppia cifra nell’ultimo anno e con un altissimo numero di importanti riconoscimenti
creativi, digitali e media, sia internazionali che nazionali”.