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Intervento del Presidente Assologistica, Andrea Gentile, alla sessione istituzionale di “Shipping, Forwarding&Logistics meet Industry

DiCatello Scotto Pagliara

Gen 31, 2019

Tutti concordiamo sul fatto che le infrastrutture (strade, autostrade, ferrovie, porti, aeroporti) rappresentino lo “scheletro” di un Paese, ovvero quell’ossatura indispensabile per consentirgli di “muoversi” e “far muovere” i suoi cittadini e le merci. E ancora tutti concordiamo sul fatto che Infrastrutture efficienti e connesse siano il presupposto indispensabile e fondamentale non solo per consentire un’efficace circolazione delle merci (e ovviamente delle persone), ma anche per favorire l’internazionalizzazione del nostro Paese e il suo completo inserimento nella rete dei corridoi trans-europei e nell’area mediterranea.

Le infrastrutture sono un mezzo importante e determinante, ma non il fine, per la crescita economica di un Paese. E il loro stato di salute influisce su tutta la nazione e non su questa o quella Regione, su questo o quel distretto, su questa o quella specifica area economica. Una cosa deve essere chiara, il crollo del ponte Morandi non ha danneggiato (sotto svariati punti di vista) solo Genova e la Liguria, ma l’Italia intera e conseguentemente la sua economia.

Sul ruolo strategico delle infrastrutture nel favorire l’internazionalizzazione di uno Stato ci basti riflettere in merito a quanto sta facendo la Cina con la Belt and Road Initiative, il cui scopo non è unicamente quello di collegare fisicamente la Cina alle città dell’Eurasia, ma anche quello di favorire l’export della sovra-produzione cinese, di ampliare il suo accesso a materie prime e mercati di esportazione, accrescendo al tempo stesso il peso finanziario e istituzionale della Cina in aree strategiche del globo. Vedete quante finalità dietro a delle “semplici” infrastrutture fisiche!

Ma veniamo all’Italia e a quelli che si possono considerare alcuni dei suoi mali infrastrutturali: polarizzazione del trasporto su alcuni grandi assi; concentrazione sul traffico via gomma rispetto a quello su rotaia; inefficienze organizzative del sistema ferroviario; difficile e faticosa mobilità nel Meridione nonostante la dinamicità dei suoi porti; scarsa propensione alla programmazione. Ma, dopo quanto avvenuto a Genova lo scorso agosto e adesso il blocco della Orte-Ravenna, il tema centrale per il nostro Paese diventa la messa in sicurezza e la manutenzione delle opere infrastrutturali esistenti.

Leggo testualmente dal recente documento del MIT relativo al Piano della Comunicazione 2019: “Per garantire maggiore trasparenza e conoscenza per i cittadini, per le associazioni di categoria e gli enti locali il MIT avvierà il primo Archivio informatico nazionale delle opere pubbliche (AINOP), nato con il Decreto Genova e presentato nel mese di ottobre 2018, che grazie all’Iop, un codice fiscale identificativo di tutte le infrastrutture italiane, renderà possibile il continuo monitoraggio delle opere pubbliche. Un vero e proprio archivio che finalmente, grazie alla tecnologia, potrà mettere in condivisione le informazioni relative a tutti i ponti, viadotti, gallerie, cavalcavia, dighe e acquedotti, porti e infrastrutture portuali, aeroporti, edilizia residenziale pubblica e altre opere presenti sul territorio italiano, un vero e proprio censimento di infrastrutture e strutture pubbliche. Il Ministero, per il 2019, approfondirà anche il tema del cruscotto delle opere pubbliche, che può essere definito la “blockchain dei cantieri”, che renderà possibile conoscere e condividere in piena trasparenza i dati tecnici e contabili di tutti i cantieri attivi in un determinato momento su tutto il territorio nazionale”.

Si tratta di iniziative che non ci possono che trovare d’accordo. E anche se il compito può sembrare arduo, è indubbio che in qualche modo occorra iniziare a monitorare quella che è la reale “dotazione” infrastrutturale del nostro Paese e il suo effettivo stato di salute, al fine di ridare forza a quello “scheletro” la cui salute è presupposto per la buona salute dell’intero Paese, della sua economia e per consentirgli di essere un attore di peso nel consesso europeo e internazionale.

Il filosofo e giurista inglese Francesco Bacone sosteneva che “Il dominio dell’uomo consiste solo nella conoscenza: l’uomo tanto può quanto sa”. Forse la strada da percorrere ora ci è più chiara. Non ci resta che partire. Davvero!