Il diritto fisso è una voce accessoria irrilevante
Il diritto fisso è un compenso versato dallo spedizioniere all’agente marittimo per la compilazione dei documenti utili al trasporto terrestre e marittimo.
È uno degli argomenti di difesa con cui Assagenti e Spediporto replicano alle accuse mosse dall’AGCM contro la sentenza che condanna le due associazioni di categoria, oltre a 15 agenzie marittime.
“È una voce accessoria — spiega Giovanni Cerruti, Presidente Assagenti — che rappresenta meno dell’1% del costo totale del trasporto porta a porta e, secondo un’indagine di Spediporto, circa lo 0,001% sul prodotto finale al consumo. Pertanto non è in grado di costituire di per sé un elemento anticoncorrenziale”.
Rifiutata anche la tesi di un “accordo orizzontale”, stipulato da agenzie marittime concorrenti che operano allo stesso livello della catena di distribuzione. “L’intesa sui diritti fissi — dichiara Cerruti — è di natura verticale, concordata tra due Associazioni di categoria che operano a un livello differente della catena distribuzione. Questo tipo di accordo è lecito e considerato dalla teoria economica come un incentivo all’efficienza”.
La tesi dell’accordo orizzontale non si sposa nemmeno con le dichiarazioni di Spediporto: “Le analisi economiche — afferma Roberta Oliaro, Presidente Spediporto — condotte sul presunto impatto anticoncorrenziale dell’accordo sui clienti e sui consumatori hanno dimostrato la totale irrilevanza dei diritti fissi e del c.d. sconto di fidelizzazione. Percentuali infinitesimali sul cliente e sul consumatore. Assenza totale di un concreto interesse economico degli spedizionieri all’aumento dei diritti fissi e di un appetibile interesse economico allo sconto di fidelizzazione. I freddi dati economici ci dicono che siamo ben lontani da scenari anticoncorrenziali. Ecco perché nutriamo sconcerto e amarezza per la pronuncia dell’Antitrust”.
Il comunicato diramato dall’AGCM parla di un accordo segreto, che Assagenti smentisce mostrando numerosi articoli della stampa locale e nazionale che trattano dell’argomento. Anche le delucidazioni fornite dalle federazioni nazionali, Federagenti e Fedespedi, nel 2002 alla stessa AGCM sugli accordi inter-associativi lasciano intendere che non ci siano i presupposti di segretezza, soprattutto perché a quelle dichiarazioni l’Autorità non ha dato seguito con nessuna istruttoria.
“L’Autorità — dichiara Cerruti — ha preferito sanzionare le singole agenzie, al posto delle Associazioni di categoria. Questo al solo scopo di poter comminare una sanzione di 4 milioni di euro, che non sarebbe stato possibile applicare alle Associazioni di categoria, visto il limite massimo del 10% del fatturato previsto dalla normativa”.
L’entità della sanzione applicata dall’AGCM non risulta avere precedenti. Si ha evidenza di accordi portati avanti da una parte a danno dell’altra, in cui i criteri di calcolo della sanzione sono stati ben inferiori al 50% di quanto applicato a questo caso. Le conseguenze di questa azione rischiano di minare il fragile equilibrio in cui si trovano le aziende, già provate dalla crisi del settore.
“E’ opportuno domandarsi — afferma Cerruti — se sia giusto che la totale libertà decisionale dell’ Autorità per la Concorrenza possa, in casi come questo, creare danni sociali ed economici dalle conseguenze imprevedibili”.