• 22 Novembre 2024 02:39

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Lo scalo giuliano presenta a Roma la sua strategia

 

Il porto di Trieste è il primo scalo italiano a lanciare un grande progetto di sviluppo, “potenzialmente in grado di invertire il trend di recessione di una macro regione economica”. È così che lo scalo giuliano si è presentato a Roma, nel Tempio di Adriano, davanti a un parterre di banchieri, finanzieri, politici, stakeholders del settore.

Il presidente dell’Autorità Portuale, Marina Monassi, insieme con il Presidente della Camera di Commercio di Trieste, Antonio Paoletti, hanno illustrato in particolare le linee guida di un progetto che fa perno sull’utilizzo intensivo e innovativo di uno strumento unico: una zona franca potenzialmente in grado di attirare capitali e investitori internazionali, radicando in aree portuali attività commerciali, turistiche, industriali, high tech, servizi e finanza, improponibili in qualsiasi altra realtà europea.

“Il finanziamento del Cipe della Piattaforma Logistica di appena alcuni giorni fa – ha introdotto Marina Monassi –  è in ordine di tempo solo l’ultimo, ma decisamente il più importante tassello di un percorso che nell’ultimo anno ha portato notevoli soddisfazioni: dal +50,12 % di tonnellate movimentate in contenitori che diventano ora 4,7 milioni, alla riconferma di Trieste quale hub crocieristico con 40 scali nel 2012 e una previsione 2013 di 70 scali, alla ridefinizione della logistica interna dello scalo a vantaggio dell’operatività, a una promozione internazionale con gli operatori, a un piano industriale che ricomprende e attua queste azioni. Un disegno strategico che pone ora lo sviluppo dei Punti Franchi come ulteriore tessera vincente per creare volano economico e produttivo sul territorio”.

Ad oggi Trieste è l’unica città portuale europea a  detenere uno strumento giuridico anomalo in tema di aree franche. Uno strumento sovra-comunitario in quanto garantito da un Trattato internazionale di pace, quello del 1947, che riconosce allo scalo giuliano una libertà di azione molto ampia in materia doganale, fiscale e commerciale, una libertà ben più estesa anche rispetto alle zone franche di diritto comunitario sviluppate con successo ad esempio in Irlanda.

È proprio sfruttando questa possibilità che l’Autorità Portuale, in stretta sintonia con gli Enti locali, ha infatti messo a punto un percorso in grado di valorizzare un waterfront abbandonato da oltre trent’anni, con un piano in grado di attirare nell’area anche attività extra portuali.

Con una tempistica non casuale: nel mercato globale Trieste sta riscoprendo un ruolo di hub portuale al servizio dell’Europa centro orientale, “anche nella prospettiva ormai certa della realizzazione di una grande piattaforma logistica, il cui finanziamento è stato di recente approvato in modo definitivo dal Cipe”.

Secondo l’Autorità Portuale di Trieste, interventi legislativi anche su base regionale potrebbero così “massimizzare i benefici del regime franco a vantaggio di tutte le attività del porto, della loro competitività, ma anche dell’insediamento di nuove attività (dall’high tech alle attività finanziarie e assicurative) nelle aree portuali”.

Il fatto di disporre “della più grande area da riqualificare e riutilizzare rappresenta in questa ottica un vero e proprio asso nella manica, facendo di Trieste l’unico polo logistico in regime di zona franca comparabile ai grandi hub internazionali, come Dubai o Hong Kong”.

Nel corso dell’incontro si è parlato anche dell’accordo quadro sottoscritto tra il Ministero dlel’Ambiente e il Porto. “Nel rispetto della strategia di sviluppo del Governo e della road map sulla riduzione delle emissioni di carbonio della UE – ha affermato il ministro Clini –  il Porto di Trieste costituisce un esempio di sviluppo in fatto di logistica portuale, anche alla luce del recente finanziamento da parte del CIPE della piattaforma logistica,  ma non solo. L’investimento sulla logistica, ben si abbina all’investimento per la crescita come possono essere i punti franchi, utilizzando competenze, esperienze e risorse alla messa a punto di produzioni innovative nei settori dell’innovazione in materia di materiali, energie, medicina. Il Ministero dell’Ambiente – ha proseguito Clini – lavora con l’Autorità Portuale per creare in questa area incubatori di innovazione tecnologica che possano creare sviluppo economico”.

Ma l’attenzione verso Trieste da parte del ministero si esprime anche con la presentazione al consiglio dei ministri del 26 maggio prossimo della ridefinizione del Sin con la riduzione del perimetro e la semplificazione delle procedure per il recupero dell’area a favore di nuovi insediamenti produttivi. “Su Monfalcone – ha cocluso Clini – stiamo lavorando per farlo divenire sempre di più piattaforma intermodale per le merci con utilizzo crescente della ferrovia”.