• 27 Novembre 2024 05:45

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Assoporti, Merlo. Confronto urgente con Ue

Nuove strade per favorire gli  investimenti privati

 

Il ritardo infrastrutturale della portualità italiana sta assumendo un carattere allarmante. Se la recente apertura in Germania (Wilhelmshaven) di un mega terminal oceanico conferma le tradizionali difficoltà rispetto alla concorrenza nord europea preoccupa l’apertura di un inedito fronte mediterraneo. A confermarlo l’inaugurazione a Barcellona del Terminal Catalunya di Hutchison Port Holding (300 milioni per attrezzare 100 ettari di piazzali e banchine), corredato da ulteriori investimenti per i terminal esistenti di 100 milioni di euro.

Un “accerchiamento” da superare con “nuove formule finanziarie, supportate da normative, comunitarie e nazionali, coerenti con l’obiettivo primario di incentivare investimenti privati in porti, mai come oggi, compressi fra l’esigenza di realizzare nuove infrastrutture (in particolare nel settore container) e la carenza ormai cronica di fondi pubblici”.

È la parola d’ordine lanciata dal presidente di Assoporti, Luigi Merlo, alla conferenza su port finance e investment tenutasi nei giorni scorsi a Londra.

“I porti italiani – ha spiegato Merlo – chiedono con urgenza al governo di aprire un confronto con l’Unione Europea sia sul tema dei tempi delle concessioni che Bruxelles vorrebbe ridurre, mettendo ovviamente a rischio, la possibilità di attrarre nuovi investitori in banchina, sia  sulle regole del gioco che il commissario ai Trasporti Siim Kallas, ha confermato voler riscrivere nell’ottica di una maggiore trasparenza, di certezze per gli operatori  e di un ingresso in banchina di soggetti esterni al sistema”.

“E’ un momento delicatissimo – prosegue Merlo – anche perché la dimensione della sfida lanciata dal mercato e dai grandi container operators non consente esitazioni di sorta. E’ per altro significativo come il governo spagnolo e quello della Catalogna, impegnati in un taglio drastico di tutte le spese, abbiano invece incrementato i fondi per la portualità”.

Entro il 2015 alcune fra le maggiori concessioni di terminal portuali in Europa arriveranno al giro di boa del rinnovo, e il clima di incertezza potrebbe mettere a rischio i massicci investimenti che i privati hanno pianificato per i prossimi anni. Per altro sembra inevitabile che nei prossimi anni una consistente svendita di asset portuali (sta già accadendo in Gran Bretagna) destinata a penalizzare ulteriormente i paesi, Italia in primis, che denunciano forti rigidità amministrative e che non hanno generato condizioni  di reale autonomia finanziaria.