• 23 Novembre 2024 03:00

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Traffici record sulla Northern Sea Route, tra investimenti e allarme ambientale

 

Progetti per impianti off-shore e unità rompighiaccio. Il Ministero dell’Industria e del Commercio della Federazione Russa ha stanziato fino al 2030 più di 32 miliardi di euro per un programma per il rafforzamento della cantieristica navale militare e civile.

Tra gli obiettivi principali lo sviluppo di nuovi tipi di navi e servizi marittimi nell’area artica, sempre più strategica, sia per le potenzialità legate all’estrazione di materie prime, sia come rotta di collegamento “alternativa” con l’Asia.

A confermare quest’ultima prospettiva i traffici sulla Northern Sea Route che registrano livelli record a più di un mese dalla chiusura dei collegamenti nella stagione invernale. Stando ai rilevamenti di Rosatomflot, compagnia statale che con la sua flotta di rompighiaccio scorta le navi commerciali impegnate sulla “rotta del Nord Est”, le merci trasportate nel corso del 2012 (gas, petrolio, minerali di ferro ma anche un carico di pesce congelato diretto a San Pietroburgo) ammontano a 1.022.577 tonnellate. Già quasi 200 mila tonnellate in più rispetto a tutto il 2011, per un totale di 35 navi in transito (19 nella direzione ovest – est, 16 nella direzione opposta).

Risultati incoraggianti, per una “scorciatoia” che permette di risparmiare fino a 4 mila chilometri, resi possibili da una stagione estiva particolarmente favorevole (con una diminuzione dello spessore dei ghiacci “senza precedenti”). E in linea, soprattutto,  con i desideri del governo russo che entro il 2020 vuole dotarsi, per presidiare l’area, di ben 26 nuovi rompighiaccio (di cui uno a propulsione nucleare), 230 navi cisterna e 40 gasiere.

Una flotta imponente, il cui impatto ambientale, sommato a quello degli altri vettori internazionali, potrebbe avere effetti dirompenti. “La fusione dei ghiacci che permette la navigazione – spiega, ad esempio, la ricerca Troubled Water di T&E – è una conseguenza dei cambiamenti climatici ma potrebbe essere innescata a sua volta dall’aumento dei trasporti marittimi. Un circolo vizioso in cui lo scioglimento favorisce i traffici che, a loro volta, accelerano lo scioglimento”.

Secondo recenti ricerche, d’altronde, l’Artico potrebbe essere libero dai ghiacci entro 30-40 anni ed attirare fino al 10% delle rotte commerciali per l’Asia con danni irreparabili per l’ecosistema.

Già dal 2008 la comunità internazionale ha riconosciuto i possibili problemi legati alla navigazione polare mettendo mano al cosiddetto Polar Code. Ma se le norme sulla sicurezza sono a buon punto nessun passo avanti è stato ancora fatto in materia di protezione ambientale. La stessa Commissione europea in una recente comunicazione ha confermato l’impegno per un maggior controllo per le emissioni nella zona ma non ha definito azione specifiche.

Men che meno la Russia proiettata a conquistare sulla “rotta del nord est” una indiscutibile posizione di predominio.