Con Sevmorput finisce l’epoca dell’atomo nel trasporto marittimo
La sua entrata in servizio nel 1988 fu salutata in Unione Sovietica come una vittoria: la dimostrazione della capacità tecnologica del Paese comunista di estendere il nucleare anche in ambiti civili come il trasporto marittimo. Concepita come vettore da impiegare nelle rotte artiche, all’epoca in forte espansione, Sevmorput, portacontainer da260 metrie 61 mila tonnellate, sarà poco gloriosamente rottamata, dopo la cancellazione lo scorso 31 luglio dal registro navale russo.
L’unità, di stanza nella base Atomflot di Murmansk, è l’ultima nave civile a propulsione nucleare ad essersi arresa agli alti costi di gestione e alle difficoltà imposte dalle restrizioni vigenti nei porti internazionali che avevano ridotto, fin dal 1990, il suo utilizzo ai collegamenti tra Murmansk e Dudinka, il principale porto sul fiume Yenisey. Le uniche altre tre navi di questo genere, Otto Hahn (Germania), Mutsu (Giappone) e NS Savannah (USA) furono dismesse rispettivamente nel 1982, 1995 e 1972 senza particolari successi commerciali (l’unità giapponese, ad esempio, non è mai entrata in servizio).
Costruita presso il cantiere Zaliv a Kerch, Ucraina, Sevmorput deve la sua relativa “longevità” alle potenti capacità rompighiaccio, l’unico settore non militare in cui le caratteristiche del nucleare (grande potenza disponibile e prolungata autonomia) hanno registrato vantaggi concreti. Una flessibilità che, non andato in porto il progetto del 2007 di riconversione in oil drilling vessel, non permetterà alla nave di sfuggire al destino di essere trasformata, come ha sarcasticamente commentato il Direttore Generale di Atomflot, Vyacheslav Ruksha, in “aghi da cucito”.