• 22 Novembre 2024 01:56

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Passa da porti e logistica il ruolo italiano nel Mediterraneo

Il primo rapporto “Le relazioni economiche tra l’Italia e il Mediterraneo” di Srm

 

Napoli. L’opportunità dei nuovi mercati in espansione del Nord Africa. Ma anche le possibili minacce costituite dalle rotte polari e dalla prossima espansione del Canale di Panama. La riconquistata centralità del Mediterraneo rischia di essere rimessa in discussione se il mare nostrum rinuncerà alla sua funzione di cerniera tra l’Europa e i Paesi terzi della “sponda Sud”. E se la sua portualità, quella italiana e meridionale in particolare, non aumenterà produttività e offerta di servizi logistici ad alto valore aggiunto.

Sono alcuni degli spunti emersi oggi alla presentazione, nella sala delle assemblee del Banco di Napoli, del Rapporto Annuale 2011 su “Le relazioni economiche tra l’Italia ed il Mediterraneo” di SRM-Studi e Ricerche per il Mezzogiorno.

La ricerca, frutto del monitoraggio e delle analisi dell’Osservatorio Permanete di SRM, è stata illustrata dal Direttore Generale del Centro Studi, Massimo Deandreis, con un intervento sull’interscambio economico nell’Area Med: logistica, portualità e fondi sovrani sono stati al centro dei focus di approfondimento della giornata.

In un’area in cui l’Italia, con 63 miliardi di euro nel 2010, è al primo posto tra i Paesi europei per valore dell’interscambio commerciale la partita si gioca innanzitutto sul piano infrastrutturale: “le esportazioni marittime dell’Italia verso l’Area Med – rileva il rapporto – costituiscono il 25% dell’export marittimo totale. I flussi commerciali si concentrano soprattuto nel Southern Med (per il 55% nel 2010)”.

In questo contesto, ancorchè “schiacciati” dai porti della sponda sud – Port Said in Egitto e Tanger Med in Marocco –, gli hub italiani (Gioia Tauro, ma anche Taranto e Cagliari) e i porti del meridione possono giocare un ruolo importante. Ad un solo patto: affrontando il nodo dei sistemi retro portuali e dell’acccessibilità viaria, risolvendo le carenze infrastrutturali (banchine e fondali), agendo sulla leva della “specializzazione del trasporto”, con la crescita delle “autostrade del mare” e della modalità ro-ro.

“In Italia – ha sottolineato Ennio Forte, docente di Economia dei Trasporti all’università Federico II – bisogna valorizzare l’esperienza del retroporto sulla scorta di quanto avvenuto a Barcellona negli anni novanta e in Olanda, fin dagli anni settanta, con la creazione dei distripark. Una soluzione potrebbe essere rappresentata dal recupero delle aree retroportuali che presentano un edificato industriale dismesso. A Napoli, per esempio, se ne contano ben sei. Il rilancio di tali aree, oggi luogo di degrado urbanistico e sociale, potrebbe rappresentare una risorsa preziosa per l’economia di territori che affacciano sul mare e sono dotati di scali già inseriti nelle principali rotte internazionali”.

Aree dove la logistica diventi, in definitiva, “un comparto di servizi dotato di struttura industriale, modalità organizzative, caratteristiche operative che si differenziano da quelle delle imprese clienti per intercettare il valore aggiunto associato alla gestione dei grandi flussi di intercascambio”.

Con quali mezzi? Un’interessante opportunità – è sottolineato nella ricerca – potrebbe essere il ricorso ai Fondi Sovrani (i paesi dell’area assommano il 37% del capitale totale di FoS), gli strumenti di investimento pubblico gestiti e controllati dai governi, sempre più indirizzati verso investimenti infrastrutturali e industriali.

“Il Mediterraneo potrebbe essere il nostro Est Europa – ha spiegato Massimo Deandreis – La Germania ha avuto tassi di crescita superiori alla media comunitaria e largamente migliori di quelli italiani, anche grazie al fatto che l’Europa dell’Est è un ampio mercato di sbocco, ormai stabilizzato e integrato nel mercato comune europeo. Il Rapporto di SRM ci indica con chiarezza quello che, analogamente, potrebbe rappresentare per l’Italia un’area del Mediterraneo pacificata, democratica e più integrata all’Europa. Le incertezze politiche su questi paesi non ci devono impedire di avanzare su questa strada perché la rilevanza economica del bacino del Mediterraneo va ben al di là dei dati, pur rilevanti, sull’interscambio commerciale. Dagli investimenti dei fondi sovrani dell’area Mena alle rimesse degli immigrati; dalla funzione strategica della portualità italiana ai dati sull’interscambio energetico, emerge con chiarezza il ruolo determinante che può giocare quest’area per l’economia del nostro Paese e del Mezzogiorno in particolare”.

G.Grande