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Per la riduzione dei gas serra più ferrovia e green technology

DiGiovanni Grande

Feb 18, 2013

Centrati gli obiettivi di Kyoto. Due ricerche indicano la strada per il 2030

Effetti paradossali della crisi economica. Le emissioni di gas serra fra il 2008 e il 2012 sono diminuite in media del 7% rispetto al 1990 superando l’obiettivo (6,5%) fissato per il nostro Paese dal protocollo di Kyoto. Un segnale positivo su cui ha influito la drammatica contrazione delle attività industriali. “Ma la tendenza alla riduzione – spiega il ministro dell’Ambiente Corrado Clini alla presentazione del “Dossier Kyoto” diffuso dalla Fondazione per lo Sviluppo sostenibile di Edo Ronchi – era già emersa chiaramente in precedenza”.

Secondo lo studio la media di emissioni  annue italiane negli ultimi 5 anni si è attestata a 480 milioni di tonnellate (a fronte di un limite di 483 imposto dal protocollo) testimoniando “una trasformazione culturale e tecnologica dei sistemi produttivi ma anche degli stili di vita”. “La riduzione del carico per l’ambiente delle attività civili e produttive – conferma Clini – è diventata una filosofia di sviluppo socio-economico che sta pervadendo con un virtuoso effetto domino tutta la società diventando “valore”, non solo etico ma anche economico e commerciale”.

I prossimi obiettivi di riduzione fissati dalla road map europea sono fissati a 440 milioni di tonnellate di CO2 nel 2020 e a 370 nel 2030. In che modo raggiungerli? Nel settore dei trasporti, che determinano il 33% dei consumi finali di energia e rappresentano la seconda voce di spesa al consumo delle famiglie italiane, puntando innanzitutto su “trasferimento modale” e tecnologia “green”. Almeno stando a due recentissime ricerche sviluppate con la collaborazione dell’Ambiente rispettivamente con Autorità portuale di Triste e Alpe Adria e con la stessa Fondazione  per lo Sviluppo Sostenibile.

Il trasporto merci in Italia” e “Verso un piano nazionale di riduzione della Co2 dei trasporti” partono da un assunto preciso: il nostro Paese è il fanalino di coda dell’Ue negli indicatori di modalità sostenibile. Le merci, ad esempio, viaggiano al 94% su camion e appena per il 6% in ferrovia. Se si sommassero tutte le forme di trasporto alternative all’asfalto, cioè la ferrovia più il cabotaggio sui mercantili più le idrovie, l’insieme rappresenterebbe un modesto 13% degli spostamenti delle merci.

Prendendo in considerazione 53 terminali intermodali presenti in Italia, lo studio di Ap di Trieste e Alpe Adria evidenzia  che “se fosse invertito il rapporto fra strada e ferrovia si potrebbe conseguire un notevole abbattimento dei costi esterni che gravano sull’ambiente, fino al 57% dell’ammontare complessivo sviluppato dal trasporto su strada, con un risparmio stimabile attorno ai 3 miliardi di euro l’anno”. Ma come agire? Adoperando le infrastrutture intermodali già presenti (individuati cinque assi   che si sviluppano nei due sensi, attraverso la Pianura Padana e, da Nord a Sud lungo le due dorsali, Centro-Tirrenica ed Adriatica) per spostare le merci sui carri ferroviari e sulle vie d’acqua. “Sfruttando al massimo il patrimonio dei terminali disseminati su tutto il territorio nazionale, infatti, si raggiungerebbe anche l’obiettivo fondamentale di favorire le imprese ferroviarie e gli operatori logistici, che avrebbero così l’occasione di proporre servizi e offerte commerciali adeguate, sostenibili e competitive. In questo modo si instaurerebbe una collaborazione costruttiva tra le aziende e il comparto dell’autotrasporto, che non potrà non condividere questa strategia di reciproco vantaggio”.

Sulle possibilità delle nuove tecnologie ambientali (e su proposte complessive riguardanti la mobilità urbana sostenibile, veicoli a basse emissioni, infrastrutture digitali e telelavoro, trasporto ferroviario, biocarburanti e trasporto marittimo) punta la fondazione guidata da Ronchi. “La nostra ricerca – dice – documenta che più del 70% delle emissioni di CO2 prodotte dal settore trasporti si riferisce a spostamenti per distanze inferiori ai 50km, relativi quindi ad una dimensione urbana. È lì che si può agire ottenendo il miglior rapporto costi/benefici e sfruttare al meglio il potenziale di riduzione della C02 di ogni euro investito”. La ricerca osserva che se si raggiungesse in tutta Italia la proporzione tra trasporto pubblico e privato che c’è oggi in Liguria negli spostamenti entro i 20 chilometri (64,7% auto-36,3% trasporto pubblico) sarebbe possibile ridurre le emissioni di CO2 di 2,6 Mt nel 2020 e di 4,8 Mt nel 2030. Il documento, oltre a registrare il sorpasso delle vendite di biciclette rispetto alle auto che si è verificato in Italia nel 2012, esamina anche gli scenari di sviluppo dei nuovi modelli di auto elettriche, ibride e a gas, l’auspicata crescita del trasporto ferroviario, soprattutto per le merci e nelle aree urbane, lo sviluppo del trasporto marittimo e quello dei biocarburanti di seconda generazione. “Si tratta di potenziali importanti, che vanno oltre gli impegni e le indicazioni della stessa Unione europea e che potrebbero portare l’Italia a livelli di qualità ambientale dei trasporti comparabili con la Francia e la Germania”.

Nella foto il ministro Clini e il presidente dell’Ap di Trieste Marina Monassi alla tavola rotonda di presentazione di “Il trasporto merci in Italia”.

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