• 20 Settembre 2024 19:54

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Sommariva: “Manca una politica dei trasporti”

Il segretario generale dell’Ap di Bari sulle criticità del sistema portuale italiano

In Italia manca una politica dei trasporti da più di un decennio. “Le ultime iniziative, efficaci o meno, che guardavano in  modo organico sia ai servizi che alle politiche infrastrutturali risalgano infatti all’epoca del primo Governo Prodi. Dopo quella stagione politica abbiamo avuto interventi mirati alle sole grandi opere, pur nel lodevole intento di semplificare le procedure (legge Obiettivo) e poi molti interventi sporadici per lo più volti a placare le periodiche rivolte degli autotrasportatori”.  Mario Sommariva, Segretario generale dell’Autorità portuale del Levante, dice la sua sul sistema portuale italiano. E sulla newsletter dell’Ap di Livorno indica alcuni spunti per smuovere l’assenza sostanziale di una politica dei trasporti che dovrebbe essere concentrata, innanzitutto, sull’ottimizzazione delle (poche) risorse disponibili: “un piano di piccole opere mirate a risolvere le strozzature del sistema ed investimenti nelle tecnologie e nell’organizzazione proprio per fornire un impulso diretto all’efficienza del servizio”.

Spazio poi a un processo riformatore della “ governance” delle Autorità, diventate “una delle tante postazioni della scacchiera sulla quale si gioca la partita degli equilibri politici”. A cominciare dalla loro quantità: “Dove mi permetto di chiedere un supplemento di riflessione – sottolinea – è circa l’indicazione secca di un numero, predeterminato, di Autorità, deciso a livello nazionale. Penso che, con serietà, si debbano fare i conti con la geografia, le vocazioni commerciali e le esigenze dei territori”. L’idea è di affidare alle Regioni il compito di “strutturare” sistemi portuali in grado di tenere in considerazione anche gli scali minori.

Un deciso intervento, chiede Sommariva, anche in merito alle concessioni e ai parametri di riferimento per la determinazione dei canoni demaniali. Secondo il segretario generale andrebbe emanato, così come previsto dalla legge, il regolamento applicativo dell’art.18 della legge 84/94 che “da solo rappresenterebbe mezza riforma”. “Si tratterebbe – spiega – di un portentoso strumento di regolazione anti-trust e fornirebbe al mercato quell’indispensabile supporto di omogeneità normativa senza il quale qualcuno, non senza motivo, continua a parlare di Far –West delle banchine”.

Tra le altre proposte: un “patto” fra i produttori (sul modello tedesco); il passaggio dalle grandi opera infrastrutturali (“soltanto pochi porti di transhipment e gateway, saranno in grado di ospitare quelle mega-navi che appaiono sempre di più come la croce di un mercato che rischia di sancire l’insostenibilità finanziaria dei grandi piani di investimento delle Compagnie”) alla manutenzione diffusa (“contro i rischi sismici ed idrogeologici, per migliorare le reti idriche ed elettriche, per sviluppare il cablaggio, per rimuovere i “colli di bottiglia” del sistema logistico”); maggiore attenzione al meridione (il sistema portuale del Sud Italia come ponte verso il Mediterraneo); il passaggio (difficile) dalla quantità alla qualità. “Passare – ribadisce – dalla logica attuale che misura tutto a “volumi” ad una logica diversa che misura l’efficacia e la redditività dell’attività economica, ivi compresa la produzione di valore, su indici di innovazione tecnologica, di sicurezza ambientale e del lavoro, sulla capacità di indurre processi di moltiplicazione economica sul territorio. Pensare di inseguire unicamente i volumi di traffico perduti che non si sa come, se e quando potranno mai tornare, appare una via velleitaria e destinata a produrre risultati frustranti. In questo senso debbono andare proposte di incentivo/disincentivo per collegare canoni e/o eventuali riduzioni di tasse portuali o diritti a fattori di qualità come parametri di efficienza aziendale, sicurezza sul lavoro e formazione del personale”.