Roma – Su 44 progetti di creazione di corridoi o aree di shipping decarbonizzato, cioè di determinazione di filiere tra i vari soggetti interessati a partire da porti, armatori, terminal, amministrazioni pubbliche, produttori di carburante, ricevitori del carico, operatori logistici in genere non figura un singolo porto italiano. In particolare nella lista dei 20 corridoi internazionali solo uno transita nel Mediterraneo, sfiorando le coste italiane ma solo per collegare la Cina con i porti del northern range via Suez, stretto di Sicilia e Gibilterra. Non solo. Di tutti gli Stati europei, quello più penalizzato è l’Italia che non si affaccia sull’Oceano, ma che vanta – e forse sarebbe il caso di farlo notare – il secondo valore più alto di merce transitante in Europa via mare.
“Non si tratta di documenti segretati che dovrebbero far sobbalzare i decisori pubblici – sottolinea il Presidente della Federazione degli agenti marittimi, Alessandro Santi – ma è tutto scritto nero su bianco sul documento pubblicato dall’organizzazione mondiale Global Maritime Forum ed in particola dalla sua diretta emanazione la Getting to Zero Coalition che raggruppa 171 soggetti pubblici e privati interessati alla decarbonizzazione dello shipping, sul tema dei green shipping corridor.
“Considerando – prosegue Santi – la complessità per lo shipping di sostituire i carburanti fossili facilmente distribuibili e stoccabili a prezzi contenuti in tutte le aree mondiali interessate dallo shipping, la strategia messa in campo dalla coalizione Getting to Zero ha appunto lo scopo di rendere sostenibile la transizione senza interrompere le supply chain: sono stati definiti 14 corridori mono fuel (metanolo e ammoniaca per primi) e 8 multi fuel. L’Italia non può essere assente da questo dibattito e se pensa di continuare ad avere un ruolo deve recuperare il terreno perso e difendere i propri porti e la propria indipendenza economica e strategica”.
“Se è vero – conclude il Presidente degli agenti marittimi italiani – che prevenire è meglio che curare, o che gestire un cambiamento è preferibile a subirlo passivamente, allora crediamo che Federagenti debba continuare nella sua azione di denuncia e stimolo. Con l’obiettivo di scongiurare il rischio di subire conseguenze indesiderate, senza aver tentato di evitarle in tempo utile, attraverso dialogo e azioni incisive nei momenti e modi appropriati (si pensi ai temi delle concessioni o dell’ETS, per citarne alcuni recenti)”.