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Allarme Petrolmafie, progressivo interessamento delle mafie al settore del commercio degli idrocarburi

DiCatello Scotto Pagliara

Gen 13, 2023
I clan vanno a benzina dai Moccia ai Polverino in Campania, clan Santapaola-Ercolano in Sicilia, Casamonica nel Lazio e Piromalli, Labate in Calabria

Roma, 13 gennaio 2023 – Dietro alcune “pompe bianche, quelle che vendono benzina a prezzi convenienti, potrebbero esserci le attività di gruppi criminali, in certi casi vicini alla criminalità organizzata, o quantomeno organizzazioni molto capaci nel contrabbando di carburanti, nell’evasione fiscale e nel riciclaggio di denaro sporcoNel corso degli ultimi anni, si è assistito al progressivo interessamento delle mafie al settore del commercio degli idrocarburi, sia all’ingrosso che al dettaglio come denunciato nell’ultima relazione della Direzione Nazionale antimafia 2021E al tavolo dell’affare Petrolmafie, come evidenziato dalle inchieste della magistratura siede il Gotha dei clan criminali, dai Moccia ai Polverino in Campania, clan Santapaola-Ercolano in Sicilia, esponenti dei Casamonica nel Lazio Piromalli, Labate in Calabria.

Mentre si accende lo scontro tra Governo e distributori per il mancato taglio delle accise sul carburante- commenta Libera e lavialibera e sale la preoccupazione per l’aumento dei prezzi alla pompa, torna d’attualità il tema delle pompe bianche. Un settore non negativo in sé, ma che secondo la Dna “è vulnerabile” a interessi criminali. Ancora di più dopo la crisi” Sul fenomeno Libera già nel 2021 con un’inchiesta pubblicata sul suo periodico Lavialibera aveva lanciato l’allarme Dai dati dell’Unem, nel 2018 erano circa 5.400 gli impianti di pompe bianche, cinque volte quelli esistenti nel 2007. È un settore complicato- scrive nell’inchiesta lavialibera-richiede capitali, relazioni e competenze non comuni: bisogna conoscere il prodotto, i fornitori, l’andamento del mercato e le complesse regole del fisco. Serve gente che investa molti soldi. Soprattutto, servono professionisti ed esperti del settore, quei colletti bianchi che fanno parte della zona grigia. Il gioco, però, vale la candela. Il settore dei carburanti è particolarmente redditizio. “L’infiltrazione mafiosa nel settore della commercializzazione degli idrocarburi è uno degli aspetti più significativi dell’evoluzione dei gruppi criminali”, sottolineava l’ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho. “Il guadagno è del 50 per cento su quello che è stato investito”. Investi 1.000 euro, ne guadagni 500. E c’è un altro fattore, non trascurabile. “il netto abbassamento del rischio rispetto al profitto, ad esempio, rispetto a ciò che riguarda il traffico di sostanze stupefacenti”. Un giro d’affari enorme- denuncia Libera e Lavialibera- le cui stime sono prudenti e datate: la fotografia più efficace e autorevole è quella “scattata” dal Dott. Sandro Raimondi, Procuratore Repubblica di Trento, nel corso dell’audizione del 5.11.2019 alla Camera dei Deputati:«Il traffico illecito di prodotti petroliferi ha assunto una rilevanza estremamente pesante e pericolosa anche per il controllo da parte della criminalità organizzata. Il 30% del venduto sfugge all’imposizione fiscale per un valore di circa 10-12 miliardi di euro Ma dove finisce il carburante “di contrabbando”? Il più delle volte- scrive Libera e Lavialibera– ad alcuni distributori indipendenti, le cosiddette pompe bianche, slegate dai circuiti delle multinazionali e capaci di fornire benzina a prezzi inferiori rispetto ai concorrenti. In alcuni casi sono proprietà delle stesse organizzazioni criminali che in questo modo non solo riciclano denaro, ma si procurano ulteriori guadagni dalla vendita al dettaglio. Molti sono i trucchi utilizzati per contrabbandare carburanti in Italia evadendo le tasse (quasi il 65 per cento del prezzo alla pompa se ne va in imposta sul valore aggiunto e in accise). Tra i più comuni, l’introduzione, nel territorio nazionale, di prodotti petroliferi del tipo oli e preparazioni lubrificanti illecitamente impiegati quali carburanti in totale evasione dell’accisa – sono i cosiddetti designer fuels – e la destinazione ad usi tassati di prodotti esenti o ad aliquota agevolata (ad esempio, il gasolio agricolo) da parte di soggetti non aventi titolo. Attraverso i suddetti meccanismi di frode, le organizzazioni criminali riescono a garantirsi un guadagno illecito di circa il 60 per cento per ogni litro di prodotto venduto rispetto ai prezzi di vendita al dettaglio del mercato legale oppure l’importazione di gasolio “mascherato” da olio lubrificante che nel resto d’Europa non è sottoposto a tassazione e dunque è libero di circolare senza documenti fiscali. “Queste condotte generano – si legge nell’ultimo rapporto della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (Dnaa) targato 2021– un grave danno all’Erario e una significativa distorsione delle regole di leale concorrenza del mercato, consentendo il commercio dei prodotti, anche ‘alla pompa’, a prezzi ridotti”. Nella maggior parte dei casi- si legge su Lavialibera-il prodotto energetico proviene dalla Polonia, dalla Serbia, dalla Bosnia Erzegovina e dall’Ungheria e viene introdotto nel territorio nazionale entrando dal Brennero, Tarvisio, Gorizia e Trieste o dagli scali ferroviari di Busto Arsizio (Va) e Trento, sfruttando le cosiddette autostrade ferroviarie (Rola)”. Il greggio di contrabbando arriva anche dal Medio Oriente, in quelle zone un tempo occupate dall’Isis che ricorreva al contrabbando di petrolio per finanziarsi, e dalla Libia, come rivelato dall’inchiesta Dirty OilUn’altra inchiesta fotografa bene i meccanismi. Il 3 febbraio scorso la Guardia di finanza di Pavia ha arrestato 13 persone nell’operazione Fuel Discount con cui è stata smantellata un’organizzazione che importava in maniera illecita combustibili dall’Est Europa e avrebbe così evaso 100 milioni di euro di Iva su un giro di affari da 400 milioni di euro circa. Ai vertici c’erano uomini vicini al clan dei Casamonica e al clan Polverino della camorra. L’inchiesta è partita osservando il via vai di camion cisterna in un deposito di Vigevano: portavano carburante da Slovenia, Croazia, Repubblica Ceca, Romania e Cipro e, grazie a un sistema di società “cartiere”, cioè che emettevano fatture false, hanno evaso le imposte. Il carburante poteva essere venduto così a un costo inferiore, sia a distributori in tutta Italia, sia nelle pompe di benzina dei componenti dell’organizzazione in Piemonte, Veneto e Lombardia a prezzi molto più convenienti rispetto a quelli di mercato.