Dal Sud America alle Filippine, passando per l’Europa e l’Africa: il traffico di legno è una minaccia per le foreste del Pianeta. Conlegno (Monitoring Organization EUTR) mira a promuovere il mercato di legno e derivati d’origine legale.
Il patrimonio forestale mondiale è esposto a gravi alterazioni: gli incendi che imperversano dalla Sardegna al Canada, i radicali cambiamenti d’uso del suolo volti a incrementare le produzioni agricole su scala globale e i tagli boschivi indiscriminati determinano il maggiore impatto distruttivo sulle foreste della Terra. Quest’ultimo fenomeno, noto come “illegal logging”, secondo il report elaborato dal Basel Institute of Governance genera un giro d’affari di 150 miliardi di dollari l’anno e riguarda il 30% del legno commercializzato nel mondo. Sempre secondo l’organizzazione internazionale dedicata alla prevenzione e alla lotta dei crimini finanziari, il legno più soggetto al commercio illegale sarebbe il palissandro, particolarmente pregiato e utilizzato in settori contraddistinti da un alto valore aggiunto industriale, quali la costruzione di strumenti musicali e oggetti di design. Per quanto concerne gli acquirenti, invece, secondo The Guardian la maglia nera va alla Cina, mentre analizzando la provenienza la maggior parte del legno illegale arriva dall’area amazzonica del Brasile. Come riporta il quotidiano spagnolo El Mundo, infatti, il Paese che ricopre quasi la metà dell’intero continente sudamericano ha perso 1,62 milioni di ettari di superficie forestale. Non solo il Brasile, però: secondo il Global Forest Resources Assessment 2020 della FAO, negli ultimi 30 anni sono andati persi 178 milioni di ettari di foreste, un’area pari all’intera estensione della Libia. Tuttavia, aggiunge la FAO, in diverse zone del mondo si sta assistendo a importanti quote di riforestazione e grazie a una maggiore attenzione riservata all’ambiente, a un allargamento delle aree protette che, dal 1990 ad oggi, si sono incrementate di circa 191 milioni di ettari.
“Quella del legno illegale è una problematica globale e gravissima per la salute del Pianeta e per tutti noi – spiega il presidente di Conlegno, Orlando Fravega – ecco perché è soltanto tracciando la provenienza del legname che possiamo essere sicuri che i prodotti che arrivano nelle linee di produzione e, da ultimo, nelle case, provengano da foreste legalmente gestite, in un’ottica di salvaguardia delle loro funzioni produttive, ambientali e sociali. Gli strumenti Legnok, concepiti da Conlegno, consentono agli operatori italiani di rispettare gli specifici regolamenti comunitari volti a contrastare l’illegal logging (primo tra tutti l’EUTR) e quindi, di contribuire alla preservazione del patrimonio forestale mondiale e al contenimento di enormi proventi illeciti destinati alla criminalità organizzata. Tutto questo, favorendo un commercio equo del legno e dei prodotti da esso derivati”.
Ma quali sono i fattori predisponenti del commercio di legno illegale? Questi i principali:
1) bisogno di legno e ricerca di prodotti più economici: in genere, il legname illecito o di dubbia origine, viene offerto a prezzi concorrenziali rispetto a quelli medi dei prodotti conformi alla normativa vigente. Oltretutto, la crescente domanda di materiali legnosi e le attuali difficoltà di approvvigionamento da parte degli utilizzatori, favoriscono la commercializzazione di prodotti potenzialmente illegali;
2) scarsa conoscenza e sottovalutazione della problematica: la reale gravità del fenomeno non è ancora sufficientemente percepita dagli operatori commerciali e dalla società. Questa è la ragione per la quale Conlegno porta avanti da 8 anni un’assidua campagna informativa rivolta alle imprese attive nei settori del legno e della carta alle quali offre strumenti calibrati sulle specifiche esigenze aziendali. Di pari passo, il Consorzio partecipa costantemente a progetti e campagne di divulgazione rivolti a tutti i potenziali portatori d’interesse per la materia, incluse università e associazioni di varia natura;
3) attuazione normativa: in alcuni Paesi l’enforcement della legislazione che dovrebbe contrastare il disboscamento illegale è spesso inefficace. Da questo punto di vista, l’Unione europea – che da marzo 2013 adotta il Regolamento UE n.995/2010 (EUTR) – è un passo avanti rispetto ad altri contesti socio-geografici. L’istituzione delle Monitoring Organization (MO) può essere considerato un elemento chiave dell’attuazione dell’EUTR. In tal senso, Conlegno è stato il primo ente ad essere riconosciuto come MO dalla Commissione europea e dall’agosto 2013, garantisce agli Operatori EUTR italiani la possibilità di utilizzare il proprio sistema di due diligence (DDS) denominato Legnok. Ad oggi sono più di 430 le imprese consorziate che hanno acquisito il diritto d’usare tale DDS;
4) governance forestale insufficiente: varie fonti hanno dimostrato come la più puntuale attuazione della legislazione applicabile, la migliore sorveglianza delle risorse forestali e in particolare l’applicazione di nuove tecnologie giochino un ruolo fondamentale nella salvaguardia delle risorse forestali. Interessante quanto descritto dall’Independent, riguardo a un’esperienza condotta in Perù dove 36 comunità locali sono state dotate di smartphone per monitorare le foreste. Dopo un anno, il tasso di deforestazione nei territori afferenti a tali comunità si è dimostrato del 52% inferiore a quello delle 37 aree di pertinenza delle popolazioni prive di strumenti elettronici di rilevazione. Secondo il WWF, l’uso di tecniche di video monitoraggio si è dimostrato efficace anche a smascherare illecite attività forestali in Romania.
Ma quali sono le maggiori conseguenze dell’illegal logging?
1) sopravvivenza delle popolazioni rurali: molto spesso le comunità che vivono a ridosso di grandi aree forestali traggono da esse gran parte delle loro fonti di sostentamento. Ecco perché abbattere gli alberi significa mettere a rischio queste persone e il loro stile di vita. Uno dei tanti possibili esempi di comunità in pericolo è quello dei Pala’wan delle Filippine la cui sussistenza è legata alle foreste naturali del monte Domadoway. Come riporta Mongabay (riconosciuta fonte di informazioni ambientali) per la salvaguardia di questa comunità è stato approvato un piano strategico di protezione naturalistica dell’area;
2) ripercussioni di natura finanziaria: secondo il portale Conserve Energy Future, il commercio illegale riduce il prezzo del legno dal 7 al 16%, causando una perdita di 15 miliardi di dollari l’anno a livello globale. Questo rappresenta una grave conseguenza per i Paesi in via di sviluppo. Secondo ENACT (sito dedicato all’Africa), l’Uganda perde ogni anno 9,8 milioni di dollari a causa dei mancati tributi derivanti dai prelievi legnosi illegali. In questo caso, la collaborazione tra la National Forestry Authority (NFA) e i portatori locali d’interesse si sta dimostrando fruttuosa;
3) sconvolgimenti climatici e ambientali: come ricorda il National Geographic, la deforestazione incontrollata ha un impatto diretto sulle emissioni di carbonio in atmosfera, sul riscaldamento globale e sul ciclo dell’acqua. Essendo fenomeni che interessano l’intera biosfera, è ormai evidente come la scomparsa della copertura arborea nelle foreste equatoriali possa causare perduranti siccità in Cina o precipitazioni eccessive, collegate a fenomeni di dissesto idro-geologico, in Europa. L’UE, nella sua nuova Strategia forestale 2030, mette in luce il ruolo fondamentale svolto dalle foreste in termini di protezione della biodiversità, puntando a piantare 3 miliardi di alberi nei prossimi 10 anni;
4) corruzione e criminalità organizzata: come riporta la BBC, il ministro brasiliano Ricardo Salles è stato recentemente destituito a causa del suo coinvolgimento in un’inchiesta che ha portato al sequestro di una quantità di legno illegale pari al valore di 25 milioni di dollari. Una vicenda che dimostra come la corruzione giochi un ruolo fondamentale nel commercio del legno illegale. Non a caso per l’Interpol il traffico di legno rappresenta uno dei maggiori guadagni per la criminalità organizzata.