Anno Portuale 2012 di Venezia, Caccia: “Responsabilità piena”
“Restituire al territorio una vera potenzialità produttiva”. L’orientamento assunto dal governo in questa direzione potrebbe finalmente sciogliere la questione annosa dell’autonomia finanziaria della Autorità portuali. È quanto fatto intendere dal vice ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Mario Caccia, intervenendo alla cerimonia di inaugurazione dell’Anno Portuale 2012 del porto di Venezia.
Evidenziando come la necessità attuale risieda nel fornire “quadri di certezze” in grado di “dare il via a possibili investimenti per i quali c’è disponibilità di capitali di rischio”, Caccia ha ribadito la consapevolezza del governo “che le iniziative delle Autorità portuali, alle quali è lasciata la responsabilità di innescare i processi di costruzione dei sistemi logistici regionali, potranno essere efficaci solo se avviate e gestite in un quadro di autonomia e di responsabilità piena, assumibile solo se le stesse potranno contare su risorse proprie e rischiare risorse proprie”. Un percorso, quello di “un’autonomia che non siamo ancora riusciti a realizzare”, che si potrà intraprendere solo in presenza di “forme di coperture idonee”. “È su questo punto – puntualizza il vice ministro – che mi sto sforzando di dimostrare come la crescita dell’infrastrutturazione possa consentire un naturale incremento dell’Iva attualmente prodotta nei porti e, di conseguenza, coprire, almeno in parte, la spesa necessaria. Così come è necessario – ha sottolineato – rendere neutra l’Iva per le nuove costruzioni, che possono diventare ulteriore volano di crescita per l’economia”.
Ma l’inaugurazione dell’Anno Portuale 2012 è stata anche l’occasione per tratteggiare le linee strategiche per l’attività dello scalo veneziano. Un porto che, come ricordato dal presidente dell’Ap, Paolo Costa, ha dovuto affrontare non solo le conseguenze della crisi economica globale ma le “crisi locali” legate alla “primavera araba” e alle difficoltà della Grecia. “Ciò nonostante – ha sottolineato – il fatto che il volume complessivo del traffico merci del porto di Venezia abbia ripreso a crescere appena l’economia mondiale ha mostrato segni di uscita dalla crisi 2008-2010 è il miglior indicatore sintetico delle performance positive garantite nel porto dalla nuova strategia (maggiori pescaggi per tutte le navi e pescaggi sufficienti a far crescere in modo consistente il traffico in container) e dall’impegno generoso dell’intera comunità portuale veneziana”. Una strategia che, passando dal megaprogetto del porto d’altura, deve cancellare per il futuro la contraddizione di una “tassa logistica” impropria: quella pagata dall’economia veneta e nordestina “dal dover instradare le merci attraverso porti geograficamente molto più lontani (i porti tirrenici, ma ancor più i porti del Mar del Nord: Anversa, Rotterdam e Amburgo); una “tassa” fatta di maggiori costi sia diretti sia indiretti (da inquinamento e congestione)”.
Maggiore sinergia tra i porti dell’Alto Adriatico, integrazione nelle reti Ten-T, “concorrenza” tra gli utenti portuali sono le vie indicate da Costa per il rilancio dello scalo veneziano. A partire da una maggiore e più qualificata attenzione della politica.
“La riforma Grillo – ha denunciato Costa – giace in parlamento da anni, tanto da essere divenuta perfino quasi obsoleta. I pochi interventi legislativi ed amministrativi in materia portuale non rispondono a un disegno coerente che – mi permetto di suggerire – va reimpostato da un Governo, da un Ministro e da un Viceministro che vogliano ascoltare le ragioni delle comunità portuali e si prendano poi la responsabilità di decidere”. Qualcosa si è mosso con i decreti Monti, ma molto resta ancora da fare. “Abbiamo più volte ribadito, tramite Assoporti, che il tema è fondamentale per rilanciare la crescita del sistema Italia. Solo un dato: in quattro anni il porto di Venezia ha garantito allo Stato entrate fiscali pari ad almeno 3 miliardi contro un finanziamento statale, dovuto per legge, che nei quattro anni si è fermato ai 100 milioni di tasse portuali, delle quali si è negato perfino l’adeguamento ISTAT”.