Milano – Imperia, 22 gennaio 2020. Lo studio legale e tributario Dentons ha assistito con successo la curatela del fallimento di Porto di Imperia in un complesso processo tributario.
La Commissione Tributaria Provinciale di Imperia (Presidente e relatore Pierluigi Stolfi; giudici a latere Eugenio Donato e Giovanni Mario Solamito), con due sentenze depositate nei giorni scorsi – che seguono una analoga sentenza di poco più di un anno fa – ha completamente azzerato le contestazioni che l’Agenzia delle Entrate, a seguito di una verifica della Guardia di Finanza, aveva elevato per circa 300 milioni di euro nei confronti della società Porto di Imperia, nel frattempo dichiarata fallita.
Le contestazioni, che riguardano gli anni dal 2007 al 2012, avevano a oggetto i costi sostenuti per la costruzione del porto turistico di Imperia e i ricavi derivanti dalla concessione di parte dei posti barca alla società costruttrice.
In particolare, secondo il Fisco: i costi di costruzione sarebbero stati enormemente gonfiati perché il costruttore, una società del gruppo Acqua Marcia, li aveva subappaltati ad altre società del medesimo gruppo e queste li avevano eseguiti per un prezzo notevolmente inferiore; i ricavi relativi alla concessione pluriennale dei posti barca, al contrario, sarebbero stati sottofatturati, in quanto il valore di mercato dei posti barca sarebbe stato maggiore di quello fatturato per la concessione pluriennale degli stessi alla società costruttrice. Come ha dimostrato la curatela del fallimento di Porto di Imperia – assistita da Dentons con il partner Giulio Andreani (in foto) e l’associate Valeria Andreani – il complesso meccanismo di pagamento del prezzo dell’appalto era tale da escludere qualsiasi ipotesi di sovrafatturazione dei costi, posto che prevedeva nella sostanza una permuta tra la costruzione del porto, da parte della società costruttrice a beneficio di Porto di Imperia, e la concessione pluriennale dei posti barca, da parte di Porto di Imperia a beneficio della medesima società costruttrice.
Per effetto di tale meccanismo, infatti, l’importo dei costi coincide inevitabilmente con quello dei ricavi e quindi, qualunque sia il loro valore di mercato, se aumenta l’uno deve necessariamente aumentare anche l’altro, con un effetto nullo sul reddito tassabile, che deve essere determinato dal confronto tra ricavi e costi. La Commissione Tributaria di Imperia ha inoltre accolto un ulteriore motivo di difesa, concernente l’applicabilità anche alle controversie tributarie del principio del ne bis in idem stabilito dalla Corte di Giustizia UE, secondo cui il medesimo fatto non può costituire oggetto di un giudizio tributario quando è già stato oggetto di un giudizio penale, come è accaduto nel caso di specie.