L’Ispra prepara tre scenari d’azione
Oggi sull’arcipelago toscano incombe il maestrale. “In caso di mareggiata, c’è la possibilità concreta che la nave scivoli inabissandosi su fondali di 50-90 metri, subendo danni strutturali”. A lanciare l’allarme è Corrado Clini, ministro dell’Ambiente, che ieri ha parlato alla Camera e oggi firmerà la nomina del capo della protezione civile Franco Gabrielli a commissario straordinario per l’emergenza al Giglio. Il Governo sta anche pensando di fermare le rotte delle grandi navi nelle aree protette, dove il rischio di danno ambientale è elevato. “Valutiamo la possibilità di adottare misure di prevenzione – spiega Clini – perchè non si ripetano altri casi come quello della Costa Concordia. Il relitto, sulla scogliera del Giglio, non è stabile. Si tratta di evitare il peggio e per questo si sta esaminando il piano di svuotamento dei serbatoi predisposto dalla compagnia armatrice. E’ una lotta contro il tempo e contro le leggi della fisica che tendono a far precipitare la Concordia negli abissi del mare”. Al Giglio – ha spiegato il ministro – occorre recuperare “un mezzo assimilabile a una piccola petroliera”. Quello che si potrebbe prefigurare è un rilascio continuo e prolungato di grandi quantità di gasolio, tale da compromettere il sistema marino. Per questo, secondo quanto dichiarato da ISPRA, è determinante svuotare la nave dalla posizione in cui si trova perché se la Concordia affondasse “non ci sarebbero solo gli idrocarburi a devastare fauna e flora marina dell’area. Tutte le specie verrebbero soffocate da liquidi tossici, batterie e materiali degradabili”.
Gli esperti dell’ISPRA, al rigurado, hanno disegnato le possibili conseguenze in un rapporto consegnato domenica al ministro con tre possibili scenari.
Nel primo la nave scivola dallo scalino e sprofonda senza fratture ai sebatoi a 6.080 metri di profondità: un’eventualità che comporterebbe un rilascio controllato degli idrocarburi e un loro filtraggio in superficie.
Nel secondo gli squarci provocano un “rilascio massivo” di inquinanti con “conseguenza gravi per gli ecosistemi” ed effetti “negativi sulle attività di pesca”.
Nel terzo l’unità, mentre affonda, subisce torsioni che provocano “migrazione” degli idrocarburi in zone inaccessibili anche con attrezzature sottomarine. Ipotesi, la peggiore, che “prefigurerebbe un rilascio continuo e prolungato” di agenti inquinanti.
Ma a preoccupare non è solo il carburante. “Costa Concordia – afferma Francesco Cinelli, docente di ecologia all’Università di Pisa – si sta portando a fondo tutto il suo carico di rifiuti – dai detersivi agli oli alle vernici ai prodotti di clorazione delle piscine, ai metalli di vario ordine e grado – che cominceranno a degradarsi e a diffondere nell’acqua circostante tutte le proprie componenti nocive”.