Roma, 8 marzo 2021- “Veniamo da un 2020 durissimo. L’export è crollato di oltre 9 punti, l’import di oltre 15. Nell’ultimo anno sono cessate oltre 5 mila imprese del settore, per una perdita complessiva di 5 miliardi di euro di fatturato. Nel picco della crisi – aprile / agosto 2020 – circa il 70% delle imprese ha fatto ricorso ad una qualche forma di ammortizzatori sociali”, ha spiegato Nicolini. “È difficile rendere, tuttavia, una fotografia omogenea di un settore tanto articolato: certamente abbiamo avuto maggiori sofferenze nell’autotrasporto e nel cargo aereo”.
Ma anche all’interno della portualità ci sono segmenti economicamente devastati “come il traffico rinfusiero, quello crocieristico ed il passeggeri. Per non parlare delle attività corrieristiche b2b, che a causa delle continue chiusure, prima delle attività produttive poi di buona parte degli esercizi commerciali, hanno fatto registrare perdite su base annua di circa il 35% dei volumi trasportati”.
Nicolini non ha mancato di presentare alcune proposte care a Confetra: “Riproponiamo il Patto per l’occupazione avanzato anche all’Esecutivo precedente fin dal DL Cura Italia: si riduca il cuneo fiscale lato imprese di almeno il 20%, si agevoli in via straordinaria la messa in quiescenza anticipata per i lavoratori over 60 impegnati in particolari mansioni, e noi ci impegnamo a salvaguardare integralmente l’occupazione nonostante la crisi. Il nostro è un Settore labour intensive, le nostre 80 mila imprese impiegano oltre 1 milione di addetti tra autotrasportatori, portuali, operatori di magazzino, handler, macchinisti treni merci, driver. Tra l’altro le nostre professioni “operative”, inspiegabilmente, non sono classificate tra quelle “usuranti”. Con l’attuale carico fiscale sul costo del lavoro sarà impossibile non procedere a ristrutturazioni, soprattutto in quei segmenti del ciclo logistico che hanno conosciuto una più significativa contrazione dei fatturati”.
Altro tema forte è quello della semplificazione. “ Non è possibile che lo Sportello unico doganale e dei controlli, legge dal 2016, dopo 5 anni sia ancora in attesa del Dpcm attuativo. Oppure che i nostri spedizionieri internazionali debbano far riferimento ad articoli del codice civile
del 1942. 0 che ogni porto adotti per i propri terminalisti una diversa regolamentazione per le concessioni demaniali. Potrei continuare all’infinito. Non sono chiacchiere, sono punti di Pil sprecati perché il sistema diventa meno certo, meno attrattivo per gli investimenti, meno competitivo. Altro problema è quello del franco fabbrica, che riguarda logistica e industria produttrice. In Italia pesa tra il 70 e il 75%. Delegando la logistica al compratore estero non ci si sottrae alla responsabilità doganali e fiscali e si perde pure ricchezza per le imprese e per il Paese”.
Secondo Nicolini, il ministro potrebbe coordinare un lavoro congiunto con Mise, dogane, Ice e prevedere a esempio agevolazioni regolatorie per le imprese esportatrici che decidessero di controllare la loro logistica. Discorso simile vale ovviamente anche in import.
Se io controllo il ciclo del mio prodotto ho più efficacia nell’arrivo a destino. Questa dinamica costa 65 miliardi di fatturato regalati ogni anno a imprese logistiche estere che vengono a prendersi le nostre produzioni nazionali al cancello della fabbrica. Gli atteggiamenti virtuosi vanno premiati”.