• 8 Settembre 2024 02:34

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Egitto, ombre cinesi sulle relazioni con l’Europa

Al Cairo l’Ue-Egypt Task Force Meeting. Pechino punta sul Medio Oriente  

 

Dopo le convulsioni della primavera araba e l’avvio, con le recenti elezioni,  di una delicata fase di assestamento politico – sociale, l’Egitto rappresenta ancora di più uno dei Paesi di riferimento nel Mediterraneo meridionale. Lo conferma il vertice dell’Ue-Egypt Task Force Meeting (14-15 novembre), organizzato dal vice presidente della Commissione europea, Antonio Tajani, e dal governo egiziano, incentrato su logistica, cooperazione internazionale, turismo e trasferimento tecnologico. Temi al centro di sessioni di lavoro e incontri B2B che vedono protagoniste anche la Autorità portuali di Trieste, Taranto e Cagliari, i cui scali, in un modo o nell’altro, coltivano interesse nell’allacciare o approfondire i rapporti con il Paese nordafricano.

È il caso, ad esempio, di Trieste, tra i primi scali a instaurare nel 2004 un “corridoio verde” attraverso l’Adriatico per la distribuzione di prodotti ortofrutticoli freschi.   “Siamo qui – ha spiegato infatti, Marina Monassi, presidente dell’Ap giuliana – per rafforzare la collaborazione tra Trieste e l’Egitto nel settore agroalimentare. Trieste è la porta d’accesso per l’import di molti prodotti egiziani tra cui le patate. Ma vi sono molti altri prodotti deperibili che arrivano al nostro scalo con destinazione Nord Europa. Non a caso l’accordo che abbiamo siglato un anno fa con il porto di Rostock si spiega anche con l’interesse dei paesi nordeuropei per l’implementazione della logistica dei prodotti agroalimentari e delle merci deperibili di origine mediterranea”.

Il “peso” dell’Egitto nel generale equilibrio della portualità mediterranea, d’altronde, non può essere sottovalutato. Dal paese delle piramidi non partono solo “autostrade del mare” dirette nel cuore dell’Europa; le sue coste non sono solo approdo esotico per l’industria crocieristica. Nell’ultimo quinquennio si è registrato una crescita vertiginosa anche nel traffico container, dove Port Said – complice un costo del lavoro inferiore (1,8 euro l’ora contro i 22,1 dei porti italiani), oltre ad una serie di vantaggi fiscali – ha superato nel 2010 Gioia Tauro e rosicchiato importanti fette di traffico al transhipment di Cagliari e Taranto.

Potenzialità (prospettive di crescita economica, risorse naturali e costo del lavoro) che non sono sfuggite anche agli altri (aspiranti) protagonisti dello scacchiere geopolitico mediorientale. Non è un caso, infatti, che la “task force” europea – la terza costituita nel Mediterraneo meridionale, dopo quella dedicata ad alla Tunisia e alla Giordania – arrivi a ridosso di un importante accordo commerciale sottoscritto lo scorso 21 settembre tra il Cairo e Pechino. L’intesa, in particolare, prevede la costruzione di un’area industriale di sei chilometri quadrati a ridosso del Canale di Suez e, soprattutto, di un “porto-cerniera” tra Asia, Africa ed Europa in grado di “filtrare” i traffici diretti nel Mediterraneo. Frutto di una collaborazione che prevede complessivamente 200 progetti per l’assorbimento di manodopera egiziana in aziende cinese delocalizzate comporterà un investimento in dieci anni di circa 11,2 miliardi di dollari. Molto, troppo, rispetto ai 500 milioni di euro garantiti al vertice dal rappresentante degli affari esteri europei, Catherine Ashton.

(Nella foto in neo eletto presidente egiziano Morsi e Manuel Barroso)

G.Grande