I porti italiani sono preparati ai cambiamenti?
Roma – La partita di equilibri geopolitici sempre più delicati e fragili, nonché della sicurezza dell’interscambio mondiale, si gioca sul mare e nei porti. Secondo Alessandro Santi, Presidente della Federazione Italiana Agenti e Mediatori Marittimi, il caso della nave giapponese “sequestrata nel Mar Rosso”, per il solo sospetto di “interessi israeliani” fa scattare più di un segnale di allarme. E il Mediterraneo “allargato” al Mar Nero, ma anche all’immediato oltre Suez, nel momento in cui è tornato a essere baricentrico per i traffici marittimi, sta riconquistando anche lo sgradevole primato dei pericoli derivanti da uno spostamento sul mare dei conflitti e del rischio terrorismo”.
“È colpevole ignorarlo: l’Italia, con i suoi 8500 km di coste e una rete di decine di porti vitali nel Mediterraneo, alla ricerca dell’identità marittima persa da troppo tempo, ma anche di una nuova strategia per rafforzare la sua portualità – prosegue Santi – si trova oggi ad affrontare anche sfide per la garanzia della resilienza delle catene di approvvigionamento e di difesa del commercio marittimo che richiedono risposte strategiche immediate in un Mediterraneo a dir poco inquieto.”
Quello della nave sequestrata dai ribelli dello Yemen, non è un caso isolato. Sempre nel Corno d’Africa, il Primo Ministro etiope Abiy Ahmed Ali è alla ricerca di un accesso al Mar Rosso, una mossa che potrebbe innescare ulteriori conflitti in una regione già fragile, ma essenziale per le rotte commerciali internazionali. In Mediterraneo la presenza russa è sempre più preponderante con una strategia che prevede l’estensione della sua influenza militare nell’est della Libia, potenzialmente nel porto di Tobruk, mirando all’apertura di una base navale che potrebbe rivelarsi strategica per il controllo del Mediterraneo. Infine, il Mar Nero che subisce la tensione del conflitto tra Ucraina e Russia, con ripercussioni significative sui traffici marittimi internazionali di cereali e petrolio qui concentrati e la costa su cui si affacciano Libano, Israele e Gaza ormai caratterizzate dalla presenza crescente di navi militari.
“Si tratta di una vera e propria emergenza – conclude il Presidente di Federagenti – a cui dobbiamo rispondere con strategia, semplificazione e investimenti all’interno di una precisa politica del mare da troppo tempo assente all’appello, per garantire la crescita del paese sfruttando i fondi del PNRR e del fondo complementare nei porti”.