• 21 Febbraio 2025 01:00

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Gli attrezzi da pesca fantasma mettono a rischio le aree marine protette italiane

Un’ampia operazione di mappatura e pulizia dei fondali condotta dal WWF Italia durante 3 anni attraverso diversi progetti come EcoeFISHent e Ghost Gear, con il supporto di esperti subacquei e di alcune aree marine protette, ha rivelato un dato allarmante: la metà1 degli attrezzi da pesca, ritrovati sui fondali delle aree marine protette italiane e zone limitrofe mappate, è costituito da lenze, derivanti da attività di pesca ricreativa. L’indagine, per quanto abbia coinvolto una parte minima dei fondali, ha interessato quindici giornate di mappature lungo le coste italiane, individuando oltre 200 attrezzi da pesca fantasma. I dati verranno presentati dal WWF e i suoi partner di progetto in occasione dell’EUDI (European Dive Show) che si sta per aprire presso la Fiera di Bologna.

TRAPPOLE DI MARE 

Si chiamano “ghost gear” e sono una delle minacce, anche se purtroppo non l’unica, al mare e ai suoi abitanti, animali o vegetali. Sono reti, lenze, cime, ed altri attrezzi da pesca abbandonati o persi accidentalmente in mare, che possono uccidere pesci, coralli, danneggiare la posidonia e diverse altre specie marine. Gli animali possono rimanere intrappolati nelle reti, essere feriti da ami, oppure soffocati dalle corde. Le gorgonie sono animali particolarmente fragili che impiegano decine di anni per raggiungere ventagli anche di 30-40 cm, ma la loro sopravvivenza è messa a serio rischio dalle lenze da pesca, che si attorcigliano intorno ad esse e ne divelgono e lacerano i rami. La scomparsa delle gorgonie minaccia un intero ecosistema, essendo esse dei veri e propri “ingegneri ecosistemici”, grazie alla loro struttura tridimensionale creano habitat per tante specie animali anche di interesse commerciale. Si aggravano così gli effetti dell’inquinamento marino e mettendo in pericolo la sopravvivenza di specie già fragili.

“Nel 2024, abbiamo censito 91 attrezzi su 350 metri lineari di costa (il 2% della linea di costa dell’Area Marina Protetta di Portofino) ad una profondità media di 40 metri. Abbiamo contato oltre 950 organismi impattati dai 91 attrezzi che abbiamo trovato. Si stima che in 7 km di costa si trovino oltre 1.800 attrezzi abbandonati che coinvolgono oltre 18.000 organismi”, dichiara Bruno Borelli, capofila del Reef Alert Network, che da anni agisce attivamente per la preservazione della biodiversità del mar Mediterraneo. Le attività di pulizia richiedono ingenti risorse di denaro, personale e tempo, senza contare il rischio di questo tipo di operazioni, ma sono costantemente vanificate dalla continua dispersione di nuovi attrezzi.

“Nelle Aree Marine Protette la pesca ricreativa è generalmente consentita e regolamentata, ma occorre una maggiore consapevolezza e responsabilità collettiva. La perdita di attrezzi non è un evento trascurabile, bensì una somma di gesti che porta a danni irreversibili. Il lavoro con i pescatori professionisti e ricreativi nell’ Area Marina Protetta di Portofino continua per ridurre il rischio di dispersione degli attrezzi da pesca. Nelle prossime settimane organizzeremo degli incontri di formazione in presenza per i pescatori ricreativi, e svilupperemo una piattaforma online dove gli utenti potranno seguire un percorso di e-learning, per aumentare la consapevolezza sugli impatti di questa attività spesso erroneamente considerati trascurabili e l’importanza di adottare buone pratiche.” dichiara Lorenzo Merotto, uno dei responsabili dell’AMP di Portofino. 

Le lenze da pesca, realizzate principalmente in nylon, sono particolarmente problematiche per l’ambiente marino. Oltre a distruggere attivamente l’habitat, una volta abbandonate o perse in mare, possono impiegare fino a 600 anni per degradarsi. Durante questo lungo periodo, si frammentano progressivamente in pezzi sempre più piccoli, formando micro e nanoplastiche, particelle minuscole che vengono facilmente ingerite dalla fauna marina, entrando così nella rete alimentare e causando potenziali rischi per la salute delle specie marine, degli ecosistemi e dell’uomo. Oggi le microplastiche sono state trovate nelle nostre arterie, nelle profondità polmonari, nel sangue e, persino, nel cervello. Sebbene non esistano dati specifici sulla quantità di microplastiche derivanti esclusivamente dalle lenze da pesca, è noto che gli attrezzi da pesca abbandonati contribuiscono all’inquinamento da plastica negli oceani. Secondo alcune stime, gli attrezzi da pesca fantasma rappresentano almeno il 10% dei rifiuti marini. Questo equivale a circa 500.000 – 1 milione di tonnellate di attrezzatura da pesca abbandonata negli oceani ogni anno.