• 24 Novembre 2024 15:10

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Greenpeace: spedizione scientifica alla foce del Po, delfini e tartarughe minacciati da un progetto di trivellazione

Si conclude oggi la campagna di monitoraggio nell’area antistante la foce del Po condotta da Greenpeace Italia insieme ai ricercatori dell’Università degli Studi di Padova, Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione, e promossa dal Parco veneto del Delta del Po, a bordo della nave ammiraglia dell’associazione ambientalista, la Rainbow Warrior.

In una settimana di monitoraggio sono stati percorsi oltre 240 miglia nautiche e osservati 112 esemplari della specie Tursiops truncatus in gruppi con una media di 5 animali, impegnati in attività di alimentazione, socializzazione e riposo, con la presenza di numerosi individui giovani e piccoli. Il Nord Adriatico si conferma dunque come un habitat chiave per questa specie, nonostante il forte impatto antropico, dovuto non solo alla pesca e al traffico marittimo: qui si trova infatti il terminale Adriatic LNG, il più grande impianto di rigassificazione d’Italia, ma anche da estrazioni di idrocarburi.

In particolare, la ricerca si è focalizzata sul Sito di Interesse Comunitario marino denominato “Adriatico Settentrionale Veneto – Delta del Po”, un’area protetta di 225 chilometri quadrati, istituita nel 2020 per tutelare specie di interesse comunitario, come il delfino tursiope e la tartaruga marina comune del Mediterraneo, e oggi minacciata da un progetto di estrazione di gas. Durante il monitoraggio si sono contati 24 avvistamenti, di cui 10 nell’area protetta e 5 oltre il suo confine orientale, dove meno di un anno fa è stato dato parere positivo di compatibilità ambientale al progetto di estrazione Teodorico, contro cui Greenpeace con altre associazioni e il Parco hanno fatto ricorso. Proprio per opporsi a questo tipo di progetti, gli attivisti di Greenpeace hanno protestato davanti alla vicina piattaforma Naomi Pandora di ENI attiva dal 2000 nell’estrazione di gas, esponendo il messaggio “Il gas è un problema non la soluzione”.

Durante il monitoraggio sono stati anche osservati 14 esemplari di tartaruga Caretta caretta. In Nord Adriatico si stima che circa 8.600 individui di tartaruga possano essere catturati ogni anno accidentalmente nelle reti a strascico di fondale, ecco perché nelle aree protette sarebbero necessarie misure più stringenti per tutelare questa specie.

Durante gli avvistamenti sono anche stati effettuati dei monitoraggi acustici, che hanno permesso di registrare con un idrofono il repertorio di comunicazione di questi animali, che verrà successivamente studiato per arricchire le informazioni raccolte sul loro comportamento. Le foto raccolte per l’identificazione degli animali saranno confrontate con i cataloghi di area per capire i loro movimenti.

“Siamo felici di aver potuto collaborare con Greenpeace, questo tipo di studi sono fondamentali sia per migliorare la gestione dell’area alla foce del Po, sia per sviluppare un’analisi più ampia dell’intera zona del Nord Adriatico. La presenza di questi animali anche fuori dall’area protetta conferma infatti che le zone di tutela andrebbero ampliate favorendo non solo la conservazione ma anche il ripristino di queste popolazioni. Negli ultimi anni, per esempio, le popolazioni di tartarughe sono tornate a nidificare sulle coste Venete”, dichiara Sandro Mazzariol, professore dell’Università di Padova. “È chiaro che ci troviamo davanti a una scelta decisiva: il nord Adriatico è stato particolarmente sfruttato da attività umane che hanno determinato impatti drammatici sulla sua biodiversità e sui territori. È ora di investire in un futuro diverso che punti a fare della conservazione ambientale un elemento di forza e ricchezza per le comunità locali, favorendo lo sviluppo di quelle attività economiche che ne tengono conto”.

Si tratta del primo monitoraggio effettuato nel SIC dall’Università, uno degli enti gestori dell’area insieme al Parco del Delta del Po, dalla sua istituzione nel 2020, per verificare la presenza degli animali e il loro stato di salute. Monitoraggi da parte degli enti gestori dovrebbe essere effettuati periodicamente per acquisire le conoscenze necessarie a sviluppare gli adeguati strumenti di gestione e valutarne l’efficacia.

“Il Parco Regionale Veneto del Delta del Po ha assunto la gestione del SIC “Adriatico Settentrionale Veneto – Delta del Po” con la consapevolezza del suo grande valore in termini di biodiversità e sviluppo sia per le attività economiche legate alla pesca, sia per la filiera del turismo sostenibile”, afferma il presidente Moreno Gasparini. “Per svolgere la nostra funzione di indirizzo e gestione del SIC è necessario avere dati attendibili e incontrovertibili, per questo ringrazio anche il gruppo di ricerca dell’Università di Padova e Greenpeace che ha messo a disposizione la sua nave ammiraglia. La campagna di monitoraggio dei delfini e delle tartarughe è un passaggio indispensabile per comprendere anche la “produttività” del Delta e per trarre informazioni utili alla nostra economia. Ringrazio anche i tanti rappresentanti delle attività produttive presenti all’iniziativa perché è essenziale lavorare insieme e insieme progettare il futuro sostenibile”.

“La tutela del mare è oggi di fondamentale importanza non solo per gli animali che vi abitano ma anche per le comunità locali. Oggi per raggiungere la vera indipendenza energetica è necessario puntare su efficienza e rinnovabili, e lasciarci finalmente alle spalle l’era delle fonti fossili. Progetti di estrazione di gas come quello oggi pendente sull’area del Delta del Po minacciano non solo la biodiversità marina ma il clima del pianeta e questi territori a rischio a causa della subsidenza e dell’innalzamento delle acque”, dichiara Giorgia Monti, responsabile campagna Mare di Greenpeace Italia.