A Palazzo Partanna discussione sul sistema logistico regionale
Il rafforzamento infrastrutturale perseguito dalle Autorità portuali italiane rischia l’eccesso di offerta. Se tutti i progetti relativi al solo settore container si realizzassero, ad esempio, il nostro Paese potrebbe movimentare, entro il 2025, ben 37 milioni di teu. A fronte di una domanda prevista che sfiora, nelle migliori ipotesi, gli 11 milioni di teu.
Un problema, quella della sovraccapacità, comune anche agli scali del Northern Range. Ma che in Italia si accompagna alle solite inefficienze: l’elefantiasi burocratica (lo sdoganamento della merce arriva a concepire ben 72 certificati prodotti da 18 ministeri diversi), lo sbilanciamento verso la modalità terrestre, i problemi dell’ultimo miglio. Una serie di fattori che contribuiscono a bloccare la catena logistica. E si traducono in situazioni paradossali e frustranti: come i 21 giorni per trasferire una merce da Genova a Milano rispetto ai soli 7 se si parte dallo scalo di Anversa.
Hanno senso, allora, gli investimenti faraonici previsti? Non è arrivato forse il momento di ripensare un approccio differente, un orientamento in grado di migliorare le inefficienze che zavorrano il sistema esistente?
Sono le domande che hanno animato, nella sede dell’Unione Industriali di Napoli, l’incontro “I nodi logistici della Campania: un sistema integrato per una concreta prospettiva di sviluppo del Mezzogiorno”, appuntamento coordinato da Pasquale Legora De Feo, responsabile della Risorsa Mare dell’Unione.
A dare risposta al timore principale, la “guerra” tra i porti italiani, è stato Nereo Marcucci, vice Presidente di Assologistica, che punta decisamente sulla formula “massima autonomia per il massimo di programmazione”. “E’ necessario – ha affermato – rendere il sistema portuale esistente più fluido. I criteri introdotti dal governo con la legge 163 (partnership pubblico-privati, ndr), l’obbligatorietà del PEF (Piano Economico Finanziario) e i meccanismi di modificazione della Legge Obiettivo, d’altronde, aiuteranno a scegliere meglio su cosa puntare, ad evitare un’eccessiva polverizzazione dell’offerta. Certo, l’impostazione della riforma portuale, con la sostanziale conferma dell’esistente, non soddisfa completamente le esigenze di programmazione. Ma il sentiero verso un contesto più coerente è già tracciato: è sufficiente mettersi in relazione con il Core Network previsto dall’Ue”.
Sull’importanza del rapporto pubblico-privato si è soffermato il presidente dell’Ap di Napoli, Luciano Dassatti. Dando merito dell’azione del suo predecessore (Francesco Nerli) ha ribadito una “primogenitura” napoletana nella questione: “la Darsena di Levante – ha spiegato – viene da lontano, è frutto di questa collaborazione e anche di una programmazione concreta. L’ampliamento che ci permetterà di ricevere 1,7 milioni di teu, infatti, è proporzionato alle richieste e si completerà con gli altri spazi da destinare alle autostrade del mare”.
Preoccupato di collegare le infrastrutture al territorio, invece, il presidente dell’Ap di Salerno. “La chiave della ripresa – è l’idea di Andrea Annunziata – sta nei trasporti. Ma questi devono servire una rete imprenditoriale regionale. Il valore aggiunto di un container consiste nella sua apertura sul territorio. E, allora, forse è arrivato il momento di spendere meglio le risorse europee, rinegoziando anche le cifre destinate ai progetti. Che senso ha spendere 10 miliardi per la Salerno Reggio Calabria, senza arrivare mai ad una conclusione, quando si deve “sudare” per 60-70 milioni da destinare all’ecobonus?”.
Riflessioni che si sollecitano un approfondimento sul deficit principale del sistema campano. In presenza delle infrastrutture (due porti come Napoli e Salerno e due interporti) manca il coordinamento istituzionale per individuare le priorità, per mettere in campo quegli interventi, spesso anche dai costi ridotti, in grado di eliminare i “colli di bottiglia”.
“Abbiamo speso miliardi per la logistica campana – ha denunciato l’assessore ai Trasporti Vetrella – e ci ritroviamo ancora sotto l’1% del trasporto su ferro. È arrivato il momento di abbattere i monopoli, di impegnarci per creare in Campania una sana concorrenza. Siamo disposti come Regione a fare la nostra parte ma è arrivato il momento per tutti di avanzare proposte, di partecipare concretamente alla discussione sul futuro del sistema regionale”.
Il riferimento è alla situazione di impasse di Logica, società partecipata, tra gli altri, da Ap di Napoli e Salerno e Interporti di Nola e Battipaglia. “Entro il 2013 bisognerà fare una scelta definitiva sul suo futuro – ha spiegato con amarezza Vetrella – e nessuno degli enti partecipanti ha ancora fatto pervenire i finanziamenti dovuti. Come potrà adempiere al suo compito?”.
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