E’ la concentrazione la risposta alla crisi
Cooperazione, alleanza, sinergia. È la risposta del trasporto marittimo internazionale alla crisi “strutturale” del capitalismo. Nessuna acquisizione, come negli anni passati. Smentito il classico assioma “pesce grande mangia pesce piccolo”. Collaborazione, invece. Messa in comune di mezzi, servizi e traffici. Con un solo obiettivo: trasportare di più e in meno tempo.
Sono i tratti salienti della rivoluzione di dicembre. Quella che in meno di un mese ha portato all’addio del mercato frammentato tra più armatori, in favore dei grandi schieramenti, quattro per la precisione, che monopolizzeranno i traffici Asia-Europa-Mediterraneo.
A dare inizio a questa nuova “divisione del lavoro” MSC e CMA CGM, rispettivamente seconda e terza compagnia al mondo nel trasporto di linea (2,1 + 1,3 milioni di Teu di capacità complessiva), che hanno annunciato l’uso in comune di unità di grandi dimensioni (oltre 10.000 Teu) negli scali asiatici ed europei. “L’accordo – ha spiegato il vice presidente di MSC, Diego Aponte – ci permetterà di ottimizzare l’impiego delle nostre rispettive flotte, di migliorare il transit time e di aumentare le nostre performance”.
Stesso traguardo anche per The G6 Alliance, nuovo gruppo che potrà contare su una flotta di oltre 90 navi attive in più di 40 porti. Operativa dal prossimo aprile, G6 è il frutto della fusione di due precedenti consorzi (Grand Alliance e The New World Alliance) composti rispettivamente da Hapag-Lloyd (HL), Nippon Yusen Kaisha (NYK) e Orient Overseas Container Line (OOCL) e APL, Hyundai Merchant Marine (HMM) e Mitsui O.S.K Lines (MOL). Nove servizi previsti (sette tra Asia ed Europa, due tra Asia e Mediterraneo) con portacontainer della capacità fino a 14.000 teu.
Infine, la recentissima alleanza tra il consorzio armatoriale CKYH – Green Alliance (COSCON, Hanjin Shipping, K Line, Yang Ming) ed Evergreen Line che utilizzerà, su dodici rotazioni complessive, una flotta con una capacità tra 8.000 e 13.000 Teu.
Tre sodalizi commerciali, dunque, cui va aggiunto il leader solitario del mercato. La danese Maersk che, avendo anticipato di alcuni anni la corsa al gigantismo navale, ha innescato, complice una crisi che richiede sempre più economie di scala, l’inarrestabile processo di concentrazione dei players marittimi.
Un meccanismo che alla lunga potrebbe rivelarsi deleterio per l’attuale condizione infrastrutturale delle banchine italiane. Con esclusione di Genova e La Spezia (in realtà già vicine al punto limite) i porti italiani sono del tutto inadeguati ad accogliere le portacontainer di nuova generazione a causa dei pescaggi insufficienti. Considerando le difficoltà all’apparenza insormontabili ad effettuare i dragaggi, il rischio che i traffici abbandonino la penisola in favore dei porti spagnoli e nordafricani diventa sempre più alto.