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Italia paralizzata. Si ferma anche il comparto della pesca

DiVincenzo Bustelli

Gen 24, 2012

Protesta al Granatello. Unione Industriale di Napoli contro il fermo

 

Hanno restituito i documenti al Comparto Marittimo e poi incrociato le braccia. La protesta del comparto campano della pesca è partita stamani dal Granatello, sulla banchina dell’antico porto borbonico. Barche ferme agli ormeggi, striscioni e slogan, così come avvenuto in altre regioni italiane, dall’Adriatico al Tirreno. Portici come Salerno, San Benedetto del Tronto, Senigallia e Ancona. Un’onda che similmente a quella dell’autotrasporto comincia a montare minacciando il fermo dell’intero settore.

I motivi della contestazione riguardano gli aumenti dell’Iva sul carburante e gli obblighi derivanti dal “nuovo piano comune” imposto dall’Ue. “L’ultima ondata di obblighi e conseguenti costi – spiega Luigi Giannini, presidente di Federpesca – deriva dall’applicazione del Regolamento comunitario sui Controlli, che segue quello sulle Misure Tecniche della pesca nel Mediterraneo tra cui l’istituzione della Licenza di pesca a punti e l’installazione dell’ennesimo apparato satellitare di controllo (il log book elettronico, dopo la blu-box): comprendiamo che si tratti di adempimenti comunitari da osservarsi ma dobbiamo tutelare la competitività delle nostre imprese magari prevedendo norme applicative che attenuino il peso economico e l’impatto sull’operatività”.

Preoccupazione per il futuro è stato anche il leit motive del sit in organizzato oggi sotto la sede della Regione Campania. Rappresentanti del settore si incontreranno domani con Vito Amendolara, consigliere del presidente Caldoro per l’Agricoltura, per definire “un calendario di interventi sul territori” e “illustrare ai pescatori l’emanazione dei nuovi bandi Fep che già sono stati concordati in sede ufficiale di tavolo azzurro”.

Continua intanto la rivolta dei “forconi” su cui si è espressa anche l’Unione Industriale di Napoli. “Se c’è un settore poco interessato alle liberalizzazioni – ha sostenuto Francesco Tavassi, Presidente Sezione Logistica Intermodalità e Trasporti –  è proprio quello dell’autotrasporto. Non più tardi del 12 gennaio il Vice Ministro Mario Ciaccia ha confermato alle organizzazioni rappresentative del comparto la incomprimibilità dei costi per la sicurezza e quindi la sussistenza di tariffe minime. Le proteste degli autotrasportatori vertono quindi essenzialmente sull’aumento delle accise per il gasolio. Ma, anche qui, si tratta di costi che per i vettori che superano determinati limiti di tonnellaggio, sono rimborsabili, sia pure dopo qualche mese. E’ solo per questo scarto temporale che i conducenti dei tir stanno bloccando nodi autostradali, porti e perfino l’attività di loro colleghi che guidano furgoncini e che dovrebbero essere più colpiti dall’aumento del gasolio, visto che non hanno la possibilità di un successivo rimborso”.