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La logistica ai tempi del Coronavirus: come sta reagendo il settore e cosa si può fare per evitare la crisi

Milano, 23 marzo 2020 – di Federico Pozzi Chiesa, la sua carica: founder di Supernova Hub e AD di Italmondo (https://www.italmondo.com/it/index.html)– Acquistate le mascherine, recuperata l’ammoniaca, diminuita la socialità, c’è una domanda che assilla tutte le persone che devono trovare strade alternative per procurarsi beni di prima necessità come i viveri, ma anche libri, device, ecc. Ricevere pacchi dall’Italia e dall’estero (dalla Cina in primis, ma non solo) è sicuro? Stando alle informazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, anche se non si sa con precisione per quanto tempo il virus Covid-19 sopravviva sulle superfici, sembrerebbe che non possa resistere più di qualche ora. Inoltre, bastano dei semplici disinfettanti per sanificare gli oggetti in modo da rendere impossibile infettare le persone (come indicato ufficialmente sul sito del Governo). Quindi, alla fatidica domanda, possiamo rispondere tirando un sospiro di sollievo e continuando a fare i nostri acquisti online.

Ma cosa succede veramente nel settore della logistica?

Nell’attuale situazione, però, il problema non è solo l’utente finale, che dovrebbe aver compreso che la circolazione dei beni non corrisponde alla diffusione del virus. Purtroppo, l’epidemia di coronavirus è esplosa a Wuhan, nella provincia di Hubei: un importante hub industriale e di trasporto delle merci nella Cina centrale. Questo ha creato delle difficoltà a livello globale sulle catene di fornitura. In un articolo del Telegraph alcuni operatori del settore segnalano che la spedizione dei container dai porti cinesi abbia subito una grave battuta d’arresto a partire dallo scoppio dell’emergenza Coronavirus, e debba ancora mostrare segnali di ripresa. Basti pensare che quasi la metà delle partenze programmate sulla rotta dall’Asia al Nord Europa è stata annullata nelle ultime quattro settimane.

La stessa situazione si sta sviluppando in parallelo sulle rotte dal Pacifico fino agli Stati Uniti e all’America Latina. Lars Jensen della Sea-Intelligence di Copenaghen ha dichiarato che la perdita di traffico ammonta a 300.000 container alla settimana. Una delle più grandi linee di container al mondo, Maersk, ha invece avvertito a fine febbraio che l’epidemia di coronavirus avrebbe pesato sugli utili di tutto quest’anno, aumentando la pressione su un settore già colpito dalle guerre commerciali e da un rallentamento dell’economia. Insomma, sembra che la frenata del mercato cinese avrà una flessione e un effetto domino sull’Economia globale, lasciando una traccia considerevole. Almeno per quanto riguarda il 2020.

E in italia?

Questa cassa di risonanza globale sta creando un sentiment negativo anche qui in Italia. Secondo le stime della Freight Leaders Council (la libera associazione che riunisce aziende leader della filiera della logistica: produttori, caricatori, operatori, trasportatori, gestori di infrastrutture), a causa dello stop delle partenze dalla Cina, la riduzione dei container in arrivo in Italia potrebbe arrivare fino al 20% in porti strategici, come quello di Genova (che ha già perso il 5% del traffico dopo il crollo del Ponte Morandi) o di Salerno. Anche Guido Nicolini, presidente di Confetra, la Confederazione della logistica e dei trasporti, parla di una flessione media del 20% dei volumi. E in particolare chi ha divisioni in Cina si aspetta flessioni intorno al 60-80% in questi primi mesi dell’anno.

Tuttavia, è bene ricordare che si tratta di una situazione temporanea che andrà man mano a normalizzarsi. secondo quanto si legge sul New York Times, le fabbriche che riaprono funzionano al 50-60% della capacità e questo dovrebbe iniziare a rimobilitare la produzione, anche se è probabile che molte fabbriche cinesi dovranno fare i conti con un calo della domanda internazionale. I porti cinesi sono sempre più vicini alla riapertura totale: Pechino ha già calcolato che solo il 10% delle attività legate alla logistica e ai trasporti è rimasto indietro, ma il resto «è pienamente operativo». Ci si aspetta quindi che grazie agli stock accumulati per il capodanno cinese e alle nuove produzioni riattivate da poco, ci sia una ripresa sostanziale nei mesi di marzo e aprile, con la speranza che entro la metà dell’anno si riprenda con livelli simili a quelli pre-crisi.

Il diffondersi del Covid-19 anche nel nostro Paese e le conseguenti misure di contenimento, con il blocco di buona parte delle attività commerciali, hanno sicuramente acuito le pressioni e le preoccupazioni. Anche se si dovesse riuscire a mettere l’epidemia sotto controllo in Italia comunque dovremmo aspettarci un effetto domino proveniente dai principali partner commerciali che inciderà sicuramente sui volumi di import ed export degli altri Paesi europei, della Russia, dei Paesi dell’Est e degli Stati Uniti, che coinciderà con i rispettivi picchi di contagio, con conseguente chiusura o limitazione dei confini anche per il settore dei trasporti.

Già oggi naturalmente le attività logistiche in Italia sono state profondamente influenzate dalla chiusura degli esercizi commerciali e da una riduzione delle attività produttive. D’altro canto ci sono invece settori che la quarantena ha fortemente stimolato: se da un lato l’epidemia ha generato un blocco o un rallentamento di alcune attività, bisogna tenere presente anche che dall’altro lato ha creato un incremento nell’acquisto online di beni della categoria food&beverage e beni di prima necessità, dal momento che le persone sono state spinte a rimanere a casa per evitare interazioni.

Alla luce di queste osservazioni, vediamo quali possono essere alcuni consigli pratici per le imprese che lavorano nei mondo dei trasporti.

I 3 consigli per fermare gli effetti del virus sulla logistica italiana

1. Trovare altre strade e non essere dipendenti da un solo Paese. Molte delle aziende che si fornivano in Cina, per non rimanere bloccate, hanno cercato nuove realtà produttrici in altri luoghi, rendendosi conto che essere “mono Paese dipendenti” per l’approvvigionamento dei materiali non è strategico. I nuovi fornitori probabilmente verranno mantenuti anche nel medio periodo.

2. Adottare soluzioni che tutelino i propri dipendenti. Non è solo l’utente finale a dover essere tutelato, ma anche chi lavora ogni giorno nel campo della logistica. Alcuni operatori della grande distribuzione si sono organizzati per garantire comunque il servizio di consegna con metodologie di tutela dei driver. Italmondo, ad esempio, è stata sin da subito attiva nell’elaborazione ed implementazione di tutte le misure atte a ridurre il rischio di contagio (sanificazione quotidiane degli spazi, fornitura di mascherine e gel disinfettante per i propri dipendenti, controllo costante della messa in pratica delle normative igieniche, ecc.). Altre pratiche utili sono l’accettazione di soli pagamenti online per evitare i contanti, e la consegna al piano a porte chiuse.

3. Innovare, innovare, innovare. Non dobbiamo dimenticarci che il Coronavirus è solo uno dei tanti fattori di rischio che possono impattare sulle supply chain a livello mondiale. Pensiamo alla recente introduzione della Brexit, la guerra commerciale di dazi Usa-Cina, i cambiamenti delle normative, la volatilità della domanda, il cambiamento delle esigenze dei consumatori, tutti gli aspetti di sostenibilità ambientale. Complessità, interconnessione, globalizzazione: le supply chain sono sempre più importanti ma anche fragili nel contesto globale odierno. Quindi, superata la crisi contingente, il nostro settore deve puntare a creare un ecosistema in grado di reagire rapidamente agli eventi esterni, creare catene di distribuzione agili, sviluppare una cultura e una capacità di risk management in grado di identificare, classificare e gestire i principali rischi, basata su analitiche avanzate e pianificazioni di scenario.