Il WWF applaude. Dopo i tassisti sarà la volta dei bagnini?
C’è anche chi nel pacchetto liberalizzazioni applaude le proposte del governo. È il caso del WWF che relativamente alla norma sulla concessioni delle spiagge parla di “battuta di arresto per il business dei privati ai danni dello Stato”. “Il provvedimento – conferma l’associazione – risponde finalmente alla direttiva europea Bolkestein, che detta le regole per la libera concorrenza, e recupera i principi temporali posti alla base del codice delle concessioni”.
L’aspetto su cui va ad impattare principalmente la normativa è quello dell’assenza di gare per la gestione delle aree demaniali degli arenili destinati a stabilimenti balneari; situazione che “storicamente rappresenta un enorme guadagno per i privati, che per decenni hanno goduto di condizioni di privilegio, e, di conseguenza, significative entrate in meno per lo Stato”.
Stando alle cifre di un dossier preparato nel 2010 gli introiti per lo Stato derivanti dalle concessioni demaniali sono di circa 103 milioni per 18 milioni di metri quadri dati in concessione, ovvero circa 5 euro e 72 centesimi all’anno a metro quadro, contro i 2 miliardi di euro dichiarati dai gestori. Ma secondo alcune stime le imprese legate alla balneazione arrivano addirittura a guadagni di oltre 16 miliardi di euro all’anno.
“Il problema delle aree demaniali marittime – sottolinea il WWF – è anche quello di congelare il rilascio di nuove concessioni visto che gli stabilimenti balneari sono passati da circa 5mila di 10 anni fa a quasi 11mila di oggi. Esiste dunque una grandissima possibilità di aumento degli introiti economici a vantaggio pubblico senza un’ulteriore occupazione di suolo e senza pregiudicare la libera fruizione delle nostre spiagge, e il provvedimento del Governo sta andando in questo senso”.
L’entusiasmo degli ambientalisti si scontra però con le pressione delle associazioni di categoria che giudicano del tutto incomprensibile la proposta “di una durata delle concessioni di 4 anni e non rinnovabile (così come previsto dal decreto legge sulle liberalizzazioni, ndr)”. “Sarebbe questo – denunciano – il modo più sicuro per rendere anche il nostro settore precario in eterno e tale da portare il concessionario a cercare di massimizzare i profitti senza investire. Si darebbe in questo modo vita ad una vera e propria ‘riffa quadriennale’ nella quale gli unici soggetti che potrebbero partecipare e vincere sono coloro che dispongono di denaro facile e in grande quantità. Non certo le 30.000 famiglie che sono l’anima delle imprese balneari che, su quelle spiagge, hanno profuso risorse e anni di lavoro. Si tratterebbe, in definitiva, della morte certa del turismo balneare italiano”.