Lettera dei sindacati alla Commissione Trasporti della Regione
La polemica sull’accorpamento tra le Ap di Napoli e Salerno previsto dalla riforma portuale rischia di mettere in secondo piano le sempre più pressanti problematiche occupazionali dello scalo partenopeo. A quasi tre anni dal commissariamento dell’ente portuale, la mancata realizzazione delle opere infrastrutturali e l’assenza di un indirizzo strategico univoco da parte di P.le Pisacane potrebbero presentare un conto salato sul fronte del lavoro. Nasce da qui l’iniziativa di Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti che chiedono un incontro alla IV Commissione Trasporti della Regione Campania per l’apertura di un tavolo permanente di confronto sulle azioni di rilancio da intraprendere. “Il porto di Napoli – conferma il segretario Fit-Cisl dello scalo partenopeo, Gennaro Imperato – dal punto di vista delle vertenze occupazionali sta trasformandosi in una polveriera: con il passare dei giorni si contano sempre più le vittime del calo dei traffici e dell’assenza, in particolar modo, di una politica seria da parte dell’Autorità portuale, incapace di interpretare il ruolo e le funzioni attribuite dalla legge”. Sotto accusa, soprattutto, il ricorso agli ammortizzatori sociali (Cigs, Cigo, contratti temporanei) come soluzioni temporanee “alle crisi che continuano ad alimentarsi in un porto abbandonato dalle istituzioni locali e dalla politica nazionale”. Un atteggiamento che potrebbe mettere a rischio la pace sociale sulle banchine, già scossa dalla perdita di competitività, rispetto alla concorrenza nazionale e internazionale, legata ai mancati adeguamenti infrastrutturali (fondali, viabilità, connessione autostradale, connessione ferroviaria, recupero del molo S.Vincenzo). “C’è la necessità di un Presidente che riporti in auge il ruolo istituzionale dell’Ente,” continua Imperato. “Se non si riparte dal lavoro non serviranno i grandi progetti, pur necessari. Contro l’inerzia con cui si gestisce il porto bisogna fornire soluzioni idonee e risposte concrete a chi protesta preoccupato del proprio futuro occupazionale. Solo così – conclude – si potranno fermare le scelte dei grandi armatori che preferiscono altri scali perché più convenienti, attrattivi, privi di lungaggini burocratiche e beghe politiche”.
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