Sullo sfondo il nuovo regolamento europeo del settore
Il “Port Paper” che sarà presentato la settimana prossima dal commissario europeo Siim Kallas potrebbe riuscire la dove l’incapacità di varare una riforma portuale ha fallito. La proposta di un nuovo regolamento europeo sui porti, pur escludendo materie delicate come la movimentazione merci e i servizi passeggeri, stabilirà una normativa comune sull’accesso al mercato dei servizi e, soprattutto, sulla trasparenza finanziaria. Una serie di vincoli che in mancanza di un riordino di sistema potrebbero risultare pesantemente negativi per la portualità della penisola.
Nasce da qui la necessità di un confronto serrato con il governo evidenziata nell’incontro sul futuro del settore tra Assoporti, rappresentata dal presidente Luigi Merlo e dal vicepresidente vicario, Pasqualino Monti, con il ministro Lupi, il vice ministro De Luca e i sottosegretari Rocco Girlanda ed Erasmo D’Angelis.“Una riunione dall’esito fortemente positivo – ha commentato Merlo – che ha fornito testimonianze tangibili di un cambio di passo rispetto al passato e di una volontà politica precisa di imprimere una svolta pragmatica e di merito sul tema della portualità e del recupero di efficienza dell’intero sistema logistico che sui porti marittimi fa perno”.
Al centro dell’attenzione le emergenze del settore: autonomia finanziaria, semplificazione amministrativa, accelerazione nell’iter di approvazione dei piani regolatori, sveltimento delle procedure relative ai dragaggi, annullamento dell’Imu sulle aree portuali, ma anche e specialmente definizione della forma giuridica delle Autorità portuali. Questioni sul tappeto da quando, circa una decina di anni fa, si è cominciato a discutere di una revisione della legge 84/94: misure che alla luce delle decisioni che saranno prese a Bruxelles risultano ancora più urgenti.
Così come impostato il regolamento (l’iter di approvazione prevede un passaggio per il consiglio dei ministri e l’approvazione del Parlamento europeo) metterebbe in crisi il meccanismo attualmente in vigore di ridistribuzione “a pioggia” delle risorse: con il rischio concreto di trovarsi nell’impossibilità di garantire i necessari finanziamenti, che sarebbero considerati alla stregua di “aiuti di Stato”. L’orientamento scelto della Commissione nel “Port Paper”, infatti, è quello tipico della portualità dell’Europa settentrionale, dove prevalgono Ap dotate di ampia autonomia finanziaria. Un percorso che è stato tentato, timidamente (possibilità di trattenere per le Ap l’1% dell’Iva generata), il giugno scorso nell’ambito del decreto Sviluppo e che potrebbe essere ridiscusso a breve con il governo. Resta, ad ogni modo, la fiducia espressa da Pasqualino Monti. “Per la prima volta – ha affermato – abbiamo avuto l’impressione condivisa di un tavolo che si apre su tematiche concrete, rifugge i formalismi e si propone di affrontare alla radice i problemi”.