“Il controllo sulla filiera degli appalti è un principio in realtà non nuovo. Era già presente nella legge Biagi del 2003 la corresponsabilità solidale tra committente e appaltatore. La novità sta nello strumento che la Procura della Repubblica di Milano ha adottato, cioè quello del commissariamento dell’impresa committente, che è uno strumento in realtà introdotto nel nostro ordinamento per la lotta alla criminalità organizzata.” Così Pietro Ichino, giuslavorista, politico ed ex sindacalista spiega al pubblico del convegno “La logistica di tutti i giorni”, in corso a Milano questa mattina e organizzato da ManHandWork e dal Sole 24 Ore, l’atto di contestazione di mancato controllo nella filiera degli appalti che la procura di Milano sta applicando come strumento di controllo sulle imprese. Ichino prosegue: “Quindi si può discutere se sia lo strumento più adatto per un controllo che non ha a che vedere con la criminalità organizzata. Le imprese che sono state coinvolte, che vanno da Armani a Esselunga, Uber… non hanno visto incriminare i propri amministratori delegati o direttori generali per fatti di criminalità organizzata, bensì soltanto, appunto, per ‘mancato controllo sul rispetto degli standard’, soprattutto retributivi, da parte degli appaltatori. L’iniziativa è sicuramente animata da una finalità apprezzabile – continua Ichino – cioè quella di combattere forme odiose di sfruttamento e anche violazioni del diritto del lavoro. Certo è che il commissariamento è una forma di espropriazione, sia pure temporanea, che a mio avviso è difficilmente compatibile con il principio di libertà di impresa e tenuto conto anche del fatto che questo strumento viene usato senza che si arrivi ad alcuna sentenza che accerti l’illecito commesso dall’impresa committente, l’impresa committente è costretta ad applicare lo standard deciso dal pubblico ministero, senza che poi esista alcun controllo giudiziale sulla validità di questo, la congruità di questo standard.”