Sulla Snav Lazio convegno Cisl sulle prospettive future dello scalo
Napoli. Riallinearsi alle esigenze della concorrenza superando l’eccessiva conflittualità, la soffocante presenza della politica, l’assenza di interlocutori istituzionali. C’è un interessante parallelismo tra la condizione attuale dell’Italia e quella del porto di Napoli, gigante addormentato ai piedi della città e incapace di assumere quel ruolo di traino economico che, almeno a parole, tutti gli riconoscono.
A cercare di fare il punto sulle contraddizioni di quella che comunque rimane la più grande azienda della città, con 680 milioni di fatturato e quindicimila addetti (compreso l’indotto), il convegno “Il mare, una risorsa per Napoli e per la Campania. Strategie di sviluppo sostenibile del sistema portuale”organizzato dalla Cisl a bordo della nave Snav Lazio ormeggiata a Calata Piliero.
“L’obiettivo di quest’incontro – ha spiegato il segretario regionale della Cisl, Lina Lucci – è quello di smuovere le acque, di dare una spallata a quello che abbiamo definito il porto delle nebbie. Provare a mettere in discussione il meccanismo clientelare della gestione delle risorse, l’uso politico delle attività che si svolgono nello scalo”.
Al centro della discussione soprattutto i ritardi accumulati nel completamento della Darsena di Levante, struttura fondamentale per lo sviluppo dei traffici futuri, e la mancanza di una strategia nella logistica dello scalo, settore abbandonato alla “sudditanza” nei confronti di Trenitalia.
“Il porto – ha sostenuto il presidente della Regione Stefano Caldoro – è una leva di sviluppo occupazionale che finora abbiamo sottovalutato. Mettendo a regime il sistema portuale si possono creare ben 20 mila posti di lavoro che si vanno ad aggiungersi alle già 20 mila unità che operano nel comparto”.
Un rilancio che passa innanzitutto per l’utilizzo di 335 milioni dei Fondi europei del Fesr (Fondo europeo per lo sviluppo regionale) ufficializzati lo scorso ottobre e su cui il presidente dell’A.p. di Napoli Luciano Dassatti ha illustrato le linee di indirizzo adottate. Un piano strategico per lo sviluppo sostenibile articolato in sette punti e capace di mettere insieme scenario territoriale e logistico, azione attiva delle aziende e integrazione con Castellammare di Stabia, sviluppo della cantieristica e delle attivtà turistiche.
Tutte azioni positive ma che, pena la “morte” del porto, non possono rivelarsi l’ennesimo libro dei sogni: “tra sei mesi – ha infatti concluso la Lucci – dovrà esserci un’altra iniziativa pubblica per verificare gli stati di avanzamento e dimostrare alla collettività che in Campania è ritornata la voglia di essere classe dirigente”.