Avviata con Ispra e Avvocatura dello Stato l’azione risarcitoria
Il Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica ha risposto all’atto di significazione di Legambiente e Libera, inviato a firma dei due presidenti, Stefano Ciafani e Luigi Ciotti, sulla vicenda Pellini. “Con la sopravvenuta dichiarazione di inefficacia di marzo 2024 da parte della Suprema Corte della confisca di beni per degli imputati Pellini – si legge nella lettera di risposta del Ministero – l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli( ndr) ha ritenuto opportuno effettuare un supplemento istruttorio in ordine alla proponibilità dell’azione in sede civile di risarcimento del danno ambientale ed ha chiesto di attivare l’Ispra per il necessario supporto tecnico implicante l’accertamento dello stato dei siti ai quali è collegato il danno ambientale e la quantificazione dei costi delle attività necessarie a conseguirne la completa e corretta attuazione delle misure di riparazione del danno ambientale”. Il ministero dell’Ambiente, prosegue la risposta trasmessa alle due associazioni, ha “invitato l‘Ispra a fornire il supporto tecnico richiesto dall’avvocatura dello Stato ai fini dell’avvianda azione risarcitoria in sede civile“.
“Soddisfatti della risposta del Mase auspichiamo che si attivino tutte le procedure in sede giudiziaria per bloccare da subito i beni per oltre 200 milioni di euro dei fratelli Pellini, condannati con sentenza definitiva per disastro ambientale. E deve farlo prima che quei beni tornino, per vizi formali, nella disponibilità di chi li ha accumulati, secondo la magistratura, illegalmente – affermano Mariateresa Imparato, presidente di Legambiente Campania e Mariano Di Palma, referente di Libera Campania – È necessario che lo Stato agisca immediatamente di fronte alla vera e propria disfatta certificata dalle motivazioni con cui, per decorrenza dei termini, è stata annullata la confisca di quei beni, che devono essere messe a disposizione del ministero dell’Ambiente per garantire tutti gli interventi necessari di risanamento ambientale”.
” Le bandiere con il principio di “chi inquina paga”, esposto dalle finestre e dai balconi di Acerra da cittadini e associazioni – proseguono i due presidenti- deve diventare realtà. Sono già trascorsi troppi anni da quando le responsabilità di chi ha avvelenato questi territori accumulando profitti sono diventate sentenze definitive senza che accadesse nulla per quanto riguarda gli interventi di bonifica e risanamento. Ora la beffa della restituzione di quei beni è semplicemente inaccettabile”.