Di Somma: “La ristrutturazione degli edifici nella città è una priorità non più rimandabile con l’introduzione della Direttiva EPBD”
Agli anni del boom edilizio di Napoli nel secondo dopoguerra risalirebbe un edificio su quattro. E la buona parte delle strutture napoletane risale a prima del Novecento. Lo afferma uno studio dedicato al capoluogo campano di RINA Prime Value Services, società parte del Gruppo RINA specializzata nell’assistere operatori del mercato pubblico e privato con servizi progettati per proteggere e incrementare il valore del capitale immobiliare in ogni fase dell’investimento.
“Il patrimonio immobiliare di Napoli è molto variegato e riflette la sua lunga storia, la crescita demografica del Novecento e lo sviluppo post-bellico.” afferma Nunzio di Somma, Senior Director – RINA Prime Value Services. “Dalla nostra analisi emerge che il patrimonio immobiliare di Napoli, come quello di molte città storiche, è caratterizzato da un livello significativo di obsolescenza, con edifici che spesso non soddisfano gli standard energetici e ambientali odierni. L’implementazione della nuova direttiva EPBD (Energy Performance of Buildings Directive) rappresenta un’opportunità cruciale per accelerare gli interventi di riqualificazione energetica e portare il nostro patrimonio edilizio verso un futuro più sostenibile. Agire con tempestività non è solo un obbligo normativo, ma una necessità per garantire efficienza, sostenibilità e miglior qualità della vita per i cittadini” .
Secondo una suddivisione stimata delle epoche di costruzione degli edifici napoletani, circa il 40% del patrimonio edilizio di Napoli risale a prima del 1900. Questa quota comprende gran parte del centro storico, che è uno dei più antichi e vasti d’Europa e patrimonio UNESCO. Gli edifici includono costruzioni medievali, rinascimentali, barocche e neoclassiche. Quartieri come il Centro Storico, Spaccanapoli e i Quartieri Spagnoli presentano edifici storici, mentre altri quartieri, come Chiaia e il Vomero, vantano eleganti palazzi ottocenteschi.
Circa il 20% del patrimonio immobiliare napoletano è stato invece costruito tra il 1900 e il 1950. Questo periodo comprende la costruzione di nuovi quartieri, l’espansione urbana e i primi interventi di edilizia residenziale popolare, come il Rione Luzzatti. Durante il ventennio fascista, furono costruiti edifici in stile razionalista, come alcune strutture nella zona di Fuorigrotta. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, si iniziarono a costruire edifici per rispondere alla necessità di alloggi per la popolazione in aumento.
Circa il 25% degli edifici risale al periodo tra il 1951 e il 1970, durante il quale Napoli ha vissuto un boom edilizio per rispondere all’afflusso di popolazione dalle aree rurali. Quartieri come Ponticelli, Secondigliano e Scampia furono ampiamente sviluppati in questo periodo, spesso con edifici in cemento armato e palazzi di edilizia popolare. Questo sviluppo è stato caratterizzato da una costruzione intensiva, con alti edifici residenziali nelle periferie.
Tra il 1971 e il 1990 è stato invece costruito circa il 10% del patrimonio edilizio. La crescita edilizia rallentò, ma furono completate alcune aree periferiche e si costruirono nuovi complessi residenziali. Durante questi anni si iniziarono anche i primi progetti di riqualificazione e recupero di alcune aree urbane, con maggiore attenzione alla pianificazione e ai servizi.
Tra il 1991 e oggi è stato infine edificato circa il 5% del patrimonio urbano napoletano. Mostra una crescente attenzione alla sostenibilità e al design moderno, con edifici spesso caratterizzati da soluzioni innovative e materiali eco-friendly. Tuttavia, in alcune aree, la qualità della costruzione e l’efficienza energetica possono risultare comunque insufficienti.
Queste stime offrono una panoramica generale del patrimonio immobiliare di Napoli e possono variare nei diversi quartieri della città.
“Queste percentuali forniscono una panoramica generale del patrimonio edilizio di Napoli e possono variare leggermente a seconda dei quartieri. Da questi dati si evince però che la ristrutturazione degli edifici nella città è una priorità non più rimandabile con l’introduzione della Direttiva EPBD: il 95% degli edifici risale infatti a prima del 1990, ciò significa che la classe energetica è ormai obsoleta per essere in linea con gli standard UE” conclude Di Somma.