Uno studio dell’Unicusano, Roma Tre e altre università straniere ha dimostrato la stretta correlazione fra consumi energetici e PIL nel breve periodo: con il taglio del 15% prospettato dal Consiglio Europeo, l’Italia potrebbe veder svanita la ripresa economica. Una risposta potrebbe arrivare da nucleare e fonti rinnovabili
Per i prossimi tre anni potrebbe essere a rischio la ripresa economica dell’Italia. Se fosse approvata la decisione del Consiglio Europeo sul taglio dei consumi energetici, soprattutto di gas, per il nostro Paese si allontanerebbe la possibilità di un’uscita dalla crisi attuale. Con pesanti ricadute sul tessuto economico e sociale.
Secondo infatti l’ultimo studio internazionale condotto da professori di alcune università europee, fra cui il Marco Mele, docente di Politica Economica dell’Unicusano e Cosimo Magazzino, docente di Politica Economica dell’Università di Roma Tre, pubblicato sulla prestigiosa rivista di settore “Energy Reports”, la correlazione fra consumi energetici e la crescita del PIL sarebbe così stretta da governare lo stato di salute di un Paese e la sua prosperità socio-economica. Per questo l’intenzione di Bruxelles di ridurre del 15% l’approvvigionamento energetico per i Paesi membri e del 7% per l’Italia potrebbe rappresentare un grave danno soprattutto per quest’ultimo.
Lo studio dell’Unicusano ha dimostrato la relazione bidirezionale tra consumo di energia e crescita economica per l’Italia in una serie temporale molto lunga: dal 1926 al 2008.
“Più nel dettaglio – precisano i professori Marco Mele e Cosimo Magazzino – l’analisi dimostra che se si prendono in considerazione intervalli temporali molto brevi e le relative bande di frequenza, gli effetti dei consumi energetici sulla crescita del PIL sono evidenti. Pertanto una politica volta alla riduzione del consumo di gas potrebbe generare una riduzione del PIL del Paese”.
Sempre secondo l’indagine dell’Unicusano, “nel lungo periodo è forte il flusso causale che va dal PIL ai consumi energetici: in quest’ottica qualsiasi politica di risparmio energetico – come l’aumento delle tariffe – di fronte a una politica di efficientamento energetico, non dovrebbe avere un impatto negativo sulla crescita economica”.
Partendo quindi dalle due variabili “Consumo di Energia” e “PIL reale” e analizzandone le reciproche influenze in un arco di tempo così lungo, il team di professori universitari ha gettato le basi per riuscire un domani a prevedere i valori futuri del PIL reale. “Dimostrati gli effetti dei consumi energetici sulla crescita del PIL – continuano i professori– possiamo affermare che una politica volta alla riduzione del consumo di gas potrebbe generare una riduzione del PIL dell’Italia che va da 2,61–2,85 anni a un massimo di 3,5 anni. Quindi, una riduzione di gas – così come prospettato dal Consiglio UE – avrà quasi sicuramente un effetto avverso sulla ripresa economica del nostro Paese che verrà scontata nei prossimi anni”.
Il lungo arco temporale preso in esame ha come obiettivo principale la registrazione dei break strutturali ripetibili nel tempo come nei casi: del Secondo Dopoguerra, degli Anni ’60 dopo il boom economico italiano e in concomitanza dell’annus horribilis, del periodo della crisi petrolifera e intorno agli Anni ’80. Questi structural break possono essere rappresentativi dell’attuale crisi energetica.
La risposta, secondo gli economisti, potrebbe arrivare dalle fonti rinnovabili e dall’energia nucleare. “Le fonti rinnovabili oggi sono in grado di produrre poca quantità di energia, sono ancora legate a eventi imprevedibili e dipendono dalle condizioni metereologiche. È importante perciò investire su di esse per potenziarle e intraprendere un graduale svincolamento da gas, petrolio e carbone. In questo, è importante rilevare l’urgente bisogno del ritorno dell’Italia al nucleare, come dimostreremo in un nostro studio di prossima pubblicazione”.