Il Sistema Portuale Offshore-Onshore di Venezia è stato presentato all’International Maritime Organization, (IMO), l’agenzia dell’ONU che raccoglie delegazioni da 171 Paesi e rappresentanti delle categorie di settore, incaricata di sviluppare i principi e le tecniche della navigazione marittima al fine di promuovere la progettazione e lo sviluppo del trasporto marittimo internazionale rendendolo più sicuro ed ordinato. Nato come un progetto di interesse locale, necessario per rendere compatibile l’attività portuale veneziana con la salvaguardia di Venezia e della sua laguna, il progetto offshore-onshore è stato pensato inizialmente per estromettere il traffico petrolifero dalla laguna accogliendo le grandi petroliere alla piattaforma d’altura (offshore) e poi sviluppato per accogliere in altura anche le moderne mega navi container garantendo fondali naturali di oltre 20 metri. Valutato meritevole di una menzione speciale come innovazione portuale “replicabile” nel mondo nell’ambito del Premio per l’Innovazione nei Trasporti 2014 dell’International Transport Forum (OECD) il progetto veneziano è al momento tra i più avanzati al mondo (altri offshore in corso di realizzazione o di progettazione ad Abu Dabhi, USA, Sud America, Africa occidentale, etc). L’ipotesi di sviluppare i porti con sistemi offshore onshore si va affermando nel mondo per ragioni di sicurezza, ambientali ed economici. Esigenze di sicurezza spingono ad immaginare di portare la verifica antiterroristica e anticontrabbando del cargo – il controllo del carico di ogni container – in luoghi sicuri, al largo, lontani dalle coste e dalle città, dove si trovano spesso i nostri porti. Le piattaforme offshore possono poi essere usate come porti rifugio in caso di emergenza e di incidente alle navi. Piattaforme d’altura vicine a più di uno scalo tradizionale consentono di ripartire i flussi di traffico deconsolidando i grandi carichi su più approdi onshore, riducendo l’impatto sull’ambiente sia naturale sia antropizzato. I sistemi offshore (una piattaforma d’altura) onshore (più piattaforme a terra) consentono di godere dei vantaggi da minor costo unitario del bunker delle grandi navi porta container (ormai da 18.000 TEU ed oltre) senza dover affrontare costi insostenibili di adattamento dei porti esistenti –patrimoni infrastrutturali che altrimenti sarebbero distrutti– e senza dover riadattare tutte le connessioni stradali, ferroviarie e di navigazione interna a terra per l’inoltro della merce.
Dopo la discussione seguita alle presentazioni Cristiano Aliperta, rappresentante italiano all’IMO ha riassunto la riunione osservando che “di fronte al gigantismo navale in atto non ci possono essere che tre soluzioni:
• Concentrare il traffico in pochi porti e adeguare ai mega volumi di traffico le infrastrutture stradali, ferroviarie e di navigazione interna che li servono, rendendo di fatto obsolete gran parte delle infrastrutture portuali e di trasporto esistenti;
• Adattare tutti i porti a riceverli, e questo si sta facendo in Europa con un enorme investimento di risorse, ad oggi non disponibili;
• Oppure, “uovo di Colombo”, la soluzione Venezia, riguadagnando l’accessibilità nautica con il sistema offshore, mantenendo in vita i “vecchi” impianti portuali e rivitalizzando il patrimonio infrastrutturale stradale, ferroviario e fluviale.”